L’avidità delle aziende farmaceutiche prolunga la pandemia
L’unico modo per mettere fine alla pandemia di covid-19 è vaccinare un numero sufficiente di persone in tutto il mondo. Lo slogan “nessuno è al sicuro finché non saremo tutti al sicuro” sintetizza la realtà epidemiologica con cui dobbiamo fare i conti. Una nuova epidemia in qualsiasi paese potrebbe far emergere una variante di sars-cov-2 resistente ai vaccini, che ci riporterebbe tutti a una qualche forma di lockdown. A peggiorare la situazione, siamo ancora lontani dal produrre i 10-15 miliardi di dosi di vaccino necessari a fermare la diffusione del virus. Alla fine di aprile ne erano stati fabbricati in tutto il mondo solo 1,2 miliardi. A questo ritmo centinaia di milioni di persone nei paesi in via di sviluppo non saranno immunizzate prima del 2023.
Per questo è un’ottima notizia che il governo degli Stati Uniti abbia deciso di sostenere la richiesta, fatta da almeno cento paesi all’Organizzazione mondiale del commercio (Wto), di sospendere temporaneamente le regole sulla proprietà intellettuale, che hanno reso possibili monopoli nella produzione dei vaccini. La Wto dovrebbe negoziare subito un accordo per dare a governi e aziende le garanzie giuridiche necessarie per aumentare la produzione di vaccini.
Nell’autunno del 2020, quando era ancora presidente degli Stati Uniti, Donald Trump si era alleato con i leader di altri paesi ricchi per bloccare i negoziati sulla sospensione dei brevetti. Ma negli ultimi mesi in molti hanno fatto pressioni sul suo successore, Joe Biden, per mettere fine a questo ostruzionismo controproducente. La proposta di sospendere i brevetti ha ottenuto il sostegno di duecento premi Nobel, di ex capi di stato e di governo, di molti parlamentari negli Stati Uniti e in Europa.
La mancanza di vaccini nei paesi in via di sviluppo è in buona parte il risultato dei tentativi di chi li produce di proteggere i suoi profitti. La Pfizer e la Moderna, che hanno sviluppato vaccini a Rna messaggero (mRna) molto efficaci, si sono rifiutate di rispondere alle tante richieste di aziende che avrebbero le capacità di realizzare i loro vaccini. E nessuna delle case farmaceutiche che hanno sviluppato i vaccini contro il covid ha condiviso le sue tecnologie con i paesi poveri attraverso la Technology access pool dell’Organizzazione mondiale della sanità.
Di recente queste aziende hanno promesso di consegnare delle dosi all’organizzazione Covax (Accesso globale ai vaccini contro il covid-19), che le assegnerà alle persone più a rischio nei paesi più poveri. Queste promesse possono forse placare i rimorsi di coscienza delle aziende, ma non risolveranno il problema dello squilibrio delle forniture. Gli unici che possono farlo sono i governi.
Se s’impegnassero a produrre i vaccini con la stessa forza con cui elaborano giustificazioni, il problema sarebbe già stato risolto
Nelle ultime settimane i lobbisti delle case farmaceutiche hanno fatto pressione sui politici di Washington per convincerli a bloccare la proposta fatta alla Wto. Se queste aziende s’impegnassero a produrre i vaccini con la stessa forza con cui elaborano giustificazioni pretestuose, il problema delle forniture sarebbe forse già stato risolto. I dirigenti del settore sostengono che una sospensione dei brevetti non servirebbe, perché il quadro di riferimento della Wto è già abbastanza flessibile da permettere l’accesso alle tecnologie necessarie per realizzare i vaccini. Sostengono anche che sarebbe una misura inefficace, perché i paesi in via di sviluppo non hanno i mezzi necessari per riuscirci. Dicono inoltre che la sospensione creerebbe un terribile precedente, scoraggiando la ricerca scientifica e facendo un favore alla Cina e alla Russia. Vale la pena di esaminare una per una queste affermazioni.
Dopo anni di campagne di sensibilizzazione e milioni di morti a causa della pandemia di hiv/aids, i paesi della Wto concordarono sulla necessità di una “concessione obbligatoria” delle licenze, cioè che bisognava permettere alle aziende di produrre un farmaco sottoposto a brevetto senza bisogno dell’autorizzazione di chi lo aveva registrato. Ma le case farmaceutiche hanno fatto tutto il possibile per minare questo principio. È in parte proprio a causa dell’avidità dell’industria farmaceutica se abbiamo bisogno di una sospensione dei brevetti. Se il regime di proprietà intellettuale dei farmaci fosse stato più generoso, la produzione di vaccini e strumenti terapeutici sarebbe già stata aumentata.
Sostenere che i paesi in via di sviluppo non hanno gli strumenti necessari per produrre i vaccini contro il covid-19 è una stupidaggine. Alcune aziende e organizzazioni – come il Serum Institute in India (il maggiore produttore di vaccini al mondo) e Aspen Pharmacare in Sudafrica – hanno raggiunto accordi con le case farmaceutiche europee e statunitensi proprietarie dei brevetti, e sono riuscite a produrre i vaccini senza troppi problemi. Tante altre aziende e organizzazioni nel mondo potrebbero fare lo stesso. Hanno solo bisogno di accedere alla tecnologia e alle competenze tecniche. Secondo Suhaib Siddiqi, ex direttore della sezione chimica della Moderna, molte fabbriche potrebbero avviare la produzione di vaccini a mRNA nel giro di tre o quattro mesi.
Le case farmaceutiche dicono anche che la sospensione dei brevetti non serve perché le regole della Wto sono già abbastanza “flessibili”. Sostengono che le aziende dei paesi in via di sviluppo non abbiano richiesto una “concessione obbligatoria” di licenze, suggerendo che vogliano semplicemente attirare l’attenzione su di sé. Ma questa presunta mancanza d’interesse è una conseguenza del fatto che le case farmaceutiche occidentali hanno fatto tutto il possibile per creare un groviglio legale di brevetti, diritti d’autore, accordi e segreti industriali “esclusivi” che la flessibilità delle regole della Wto non sarà mai in grado di sbrogliare. Dal momento che i vaccini a mRna richiedono più di cento componenti sviluppati in tutto il mondo, e molti di questi sono protetti da una qualche forma di proprietà intellettuale, coordinare le licenze necessarie a questa catena d’approvvigionamento tra paesi diversi è quasi impossibile. Inoltre le regole del Wto sulle concessioni obbligatorie per l’esportazione sono ancora più complesse. Per esempio la Biolyse, una casa farmaceutica canadese, non può produrre ed esportare versioni generiche del vaccino sviluppato dalla statunitense Johnson & Johnson verso i paesi poveri perché questa ha respinto la sua richiesta di autorizzazione volontaria.
Finora Washington non è riuscita a mettere in piedi una strategia diplomatica sui vaccini
Un altro fattore che determina carenze nella catena d’approvvigionamento è la paura. Molti paesi in via di sviluppo temono che, se dovessero decidere di usare le licenze obbligatorie per sbloccare la produzione, gli Stati Uniti e l’Unione europea taglierebbero i loro aiuti o imporrebbero sanzioni. Ma se la Wto accettasse di sospendere i brevetti, i governi e le aziende che vogliono realizzare vaccini sarebbero al riparo da cause, ingiunzioni e altri ricorsi delle grandi multinazionali che detengono i brevetti.
Questo ci porta alla terza affermazione falsa: la sospensione dei brevetti ridurrebbe i profitti e scoraggerebbe ricerca e sviluppo. In realtà una decisione simile della Wto non cancellerebbe l’obbligo legale di versare compensi e altre forme di risarcimento ai detentori della proprietà intellettuale. Ma, impedendo ai monopolisti di bloccare arbitrariamente gli aumenti della produzione, la sospensione dei brevetti incentiverebbe le case farmaceutiche a sottoscrivere accordi volontari.
Anche in caso di sospensione dei brevetti, dunque, i produttori di vaccini farebbero soldi a palate. Si prevede che i profitti della Pfizer e della Moderna generati dal vaccino contro il covid-19 saranno rispettivamente di 15 e 18 miliardi di dollari nel 2021, e questo anche se i governi nazionali hanno finanziato buona parte della ricerca essenziale e anticipato fondi per fare in modo che il vaccino arrivasse sul mercato.
Infine c’è l’ultima argomentazione: la sospensione dei brevetti aiuterebbe Cina e Russia ad accedere alle tecnologie statunitensi. Anche questa è falsa. Tanto per cominciare, i vaccini non sono una creazione degli Stati Uniti. La ricerca collaborativa tra paesi sull’mRna e le sue applicazioni va avanti da decenni. La scienziata ungherese Katalin Karikó fece la prima scoperta fondamentale nel 1978 e da allora la ricerca continua in Turchia, Thailandia, Sudafrica, India, Brasile, Argentina, Malesia, Bangladesh e altri paesi, per esempio presso gli Istituti nazionali di sanità degli Stati Uniti. E poi il genio è già uscito dalla lampada. La tecnologia a mRna usata nel vaccino prodotto dalla Pfizer è di proprietà della Biontech (un’azienda tedesca fondata da un immigrato turco e da sua moglie), che ha già garantito alla casa farmaceutica cinese Fosun Pharma un brevetto per realizzare il suo vaccino. Effettivamente esistono esempi di aziende cinesi che hanno rubato preziose proprietà intellettuali, ma non è questo il caso. Senza contare che la Cina è già sulla buona strada nello sviluppo e nella produzione dei suoi vaccini a mRNA.
Chi si preoccupa degli aspetti geopolitici dovrebbe concentrarsi sul fatto che finora Washington non è riuscita a mettere in piedi una strategia diplomatica sui vaccini. Gli Stati Uniti hanno bloccato le esportazioni di dosi, anche di quelle che non stanno usando. Solo dopo che una seconda ondata d’infezioni ha colpito duramente l’India hanno deciso di cedere le dosi inutilizzate del vaccino AstraZeneca. Nel frattempo Russia e Cina hanno spedito vaccini e si sono impegnate a trasferire tecnologia e conoscenza, stringendo alleanze in tutto il mondo.
Mentre i contagi aumentano in alcuni paesi, le possibilità che emergano nuove varianti è un rischio per tutti. Il mondo ricorderà quali paesi hanno dato una mano e quali hanno creato ostacoli. I vaccini contro il covid-19 sono stati sviluppati da scienziati di tutto il mondo, grazie ad attività scientifiche fondamentali sostenute da vari governi. È giusto che a trarne beneficio siano gli abitanti del pianeta. È una questione morale ma è anche qualcosa che conviene a tutti. Non dobbiamo permettere che le case farmaceutiche antepongano il profitto alle vite umane.
(Traduzione di Federico Ferrone)
Questo articolo è uscito sul numero 1410 di Internazionale. Compra questo numero | Abbonati