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Affidare i migranti alla guardia costiera libica è inutile e pericoloso

Migranti soccorsi dalla guardia costiera libica nel mar Mediterraneo arrivano alla base navale di Tripoli, il 26 maggio 2017. (Mahmud Turkia, Afp)

Molti si sono convinti e cercano di convincere anche tutti gli altri del fatto che l’arrivo dei barconi carichi di migranti dalla Libia sia il problema, e non un indicatore del problema. La Libia non è altro che un luogo di passaggio. Il viaggio dei migranti comincia molto prima, e anche chi raggiunge l’Europa è ben lontano dal lieto fine.

La soluzione al “problema dei migranti” che è stata proposta comprende l’addestramento della guardia costiera libica per renderla più efficiente nell’intercettare le imbarcazioni e nel riportare i migranti nei centri di detenzione.

Secondo i notiziari si tratta di una strategia molto promettente: “I funzionari della guardia costiera libica sono stati addestrati all’estero da diversi paesi europei, tra cui il Regno Unito”, e l’addestramento ha lo scopo di “impedire la perdita di altre vite umane”.

Fino a oggi queste iniziative non hanno contribuito a ridurre i comportamenti disumani delle guardie costiere libiche né le violazioni commesse ai danni dei migranti e delle navi delle organizzazioni non governative (ong). Anzi, è emersa la tendenza ad accusare le ong di collaborare con i trafficanti di esseri umani. Ma, da un lato queste accuse sono senza fondamento, dall’altro si ignora il fatto che a essere coinvolti pesantemente nel traffico di esseri umani (tra le tante altre pratiche da condannare) sono invece molti funzionari della guardia costiera libica. Io stesso ho conosciuto e ho parlato con un ufficiale di alto grado della guardia costiera libica che gestiva una redditizia rete di contrabbando.

Addestramento inefficace
Addestrare la guardia costiera libica potrebbe, nella migliore delle ipotesi, essere un punto di partenza per far sì che gli agenti comincino a fare il loro dovere. Suppongo che tra le loro mansioni ci sia quella di impedire il contrabbando di armi e carburante. Inoltre, se mi è consentito sognare a occhi aperti, potrei spingermi fino ad affermare che forse un giorno cominceranno a contrastare la pratica assai diffusa e distruttiva della pesca con la dinamite. Se i paesi europei vogliono davvero addestrare la guardia costiera libica, potrebbero prendere in considerazione alcuni di questi spunti invece che limitarsi a insegnargli come diventare cani da guardia e piantoni antimigranti.

Questi brevi corsi di addestramento coinvolgono solo pochi ufficiali, e sono stati ideati e condotti con scarsa consapevolezza dalla struttura sociopolitica libica. Come se il vero obiettivo, a parte gettare fumo negli occhi, fosse quello di offrire ai libici un’infarinatura delle procedure navali dell’Unione europea.

Forse i paesi dell’Ue non vogliono correre il rischio di condurre un vero programma di addestramento di ampio respiro perché hanno visto cosa è accaduto quando il governo britannico ha sperimentato questo metodo con un progetto da svariati milioni di sterline denominato Sjd (Security, justice, and defense).

Nel 2013 esperti e consulenti britannici erano arrivati a lavorare in Libia animati da grandi speranze, partendo dal presupposto che il paese avesse già un apparato di sicurezza e di istituzioni militari consolidate (anche se erano state danneggiate durante la guerra). Sembra che i britannici fossero convinti di dover dare appena qualche ritocco attraverso l’addestramento e il tutoraggio. Come recita il proverbio libico, tuttavia, “è inutile rattoppare un vestito logoro”.

I funzionari libici sceglieranno per l’addestramento all’estero solo chi ha le conoscenze giuste

Nella prima fase di quel progetto nefasto si prevedeva di inviare nel Regno Unito duemila reclute libiche per un corso di addestramento. Nel mese di giugno 2014 partirono trecento cadetti tra membri dell’esercito, nuove reclute ed ex ribelli. A quanto pare però il governo britannico si è dimostrato piuttosto carente nel supervisionare l’addestramento (se siete interessati, molto si è scritto nei quotidiani britannici sugli esiti del progetto. Si parla di aggressioni sessuali commesse dai cadetti libici e di un episodio di violenza indotto dall’alcol).

Il disastroso programma di addestramento britannico dovrebbe essere studiato in profondità. Il sistema in Libia è sempre stato corrotto, e oggi lo è ancora di più. I funzionari libici sceglieranno per l’addestramento all’estero solo chi ha le conoscenze giuste: parenti con posti importanti ed elementi strettamente legati alle milizie. Non si può fare affidamento su un partner di governo corrotto perché segua procedure rigide o istituisca un meccanismo professionale per reclutare e scegliere chi potrà essere addestrato.

Pensate davvero di poter addestrare dei miliziani e trasformarli in soldati e ufficiali disciplinati? E convincerli a rispettare i diritti umani e a non fare ricorso in modo eccessivo alla forza? Sarebbe un utilissimo reality show televisivo: “Extreme makeover – Da miliziano a ufficiale”.

E a proposito delle domande riguardo all’approccio europeo, posso citare l’osservazione rivolta dalla conduttrice della rete televisiva France 24 Claire Pryde a Mattia Toaldo, ricercatore del programma Medio Oriente e Africa dell’European council of foreign relations: “Lei ha detto che esistono diversi governi, e dunque la Libia è un paese instabile. E ha ricevuto delle critiche per aver definito disumano l’aiuto dato alla Libia per tenere lì i migranti”. Il ricercatore ha riflettuto e poi ha risposto: “Oh sì, certo. La Libia non è affatto un paese sicuro, nemmeno per i libici! E siamo fortunati a non registrare un flusso di profughi libici, solo perché in realtà sono andati in Tunisia o in Egitto invece che venire in Europa”.

L’addestramento della guardia costiera libica è il primo elemento di una trinità scellerata alla base della proposta per affrontare la crisi dei migranti in Libia. A esso si affiancano i centri di detenzione e le unità di contrasto all’immigrazione illegale. Il loro compito è quello di combattere i contrabbandieri e di trattenere i migranti sulla terraferma per spedirli nei centri di detenzione, ma questa è un’altra storia.

(Traduzione di Giusy Muzzopappa)

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