Due anni fa un lettore mi ha scritto facendomi la classica domanda da un milione di dollari: quale sarebbe la cosa migliore per combattere il riscaldamento globale?
Ho cercato di rispondere come meglio potevo, ma da allora la sua domanda mi assilla come un rebus irrisolto. La cosa più ragionevole sarebbe di stabilire delle priorità. Purtroppo, però, non ci riesce quasi nessuno. Di solito, nelle situazioni difficili cerchiamo di prendere decisioni fredde e razionali sulla base di elementi concreti. Se siamo al supermercato, scegliamo i prodotti in base al prezzo (soprattutto ora che c’è la crisi economica). Se siamo stracarichi di lavoro, cerchiamo di dare la priorità alle attività più urgenti a seconda delle scadenze e dell’importanza. Ma finora siamo stati tutti piuttosto negligenti quando si è trattato di risolvere problemi come la riduzione delle emissioni (sia come singoli sia come aziende e paesi).
La risposta che ho dato al lettore due anni fa è, più o meno, valida anche oggi, ma metterla in pratica è ancora difficile. In fin dei conti, la maggior parte delle persone è convinta che il “grosso” delle emissioni sia causato dai trasporti e dagli impianti di riscaldamento (o raffreddamento, a seconda di dove si vive).
**Rinunciare alla macchina **
Negli Stati Uniti, la Union of concerned scientists, una “associazione di più di 200mila cittadini e scienziati impegnati per un ambiente più sano e un mondo più sicuro” afferma che “la decisione individuale più importante per combattere il riscaldamento climatico” riguarda il tipo di auto che guidiamo. Direi di più: se le circostanze lo permettono, scegliere di avere una macchina è una decisione ancora più importante rispetto al modello da comprare.
Greenpeace la pensa in modo diverso. Senza sottovalutare l’importanza della scelta del mezzo di trasporto, sostiene che la cosa più importante sia concentrarsi sulla riduzione del consumo energetico domestico. L’organizzazione sottolinea che, almeno in Gran Bretagna, il 27 per cento delle emissioni di anidride carbonica può essere attribuito all’uso dell’energia in casa. I trasporti, invece, rappresenterebbero solo il 15 per cento delle emissioni.
E cosa dire del consumo di carne? Si sente parlare sempre di più dell’impatto ambientale dell’agricoltura e dell’allevamento in particolare. In uno studio pubblicato nel 2006, la Fao ha calcolato che, a livello mondiale, il bestiame è attualmente responsabile del 18 per cento delle emissioni totali di gas serra, più di tutte le automobili, i treni, le navi e gli aeroplani messi insieme. È stata una rivelazione davvero sorprendente che ha convinto molte persone – compreso il sottoscritto – a cambiare abitudini alimentari. Allora, mangiare un po’ meno carne (o addirittura diventare vegetariani) è la cosa migliore da fare a livello individuale per difendere l’ambiente?
Per molti, sarebbe una decisione difficile da prendere. Ma ce n’è un’altra che potrebbe metterci in crisi ancora di più. Sembra che ci sia sempre più gente convinta che la cosa migliore per combattere il riscaldamento globale e la crisi ambientale sia evitare di fare figli. Per uno come me, padre di tre bambini, non è una cosa bella da sentire. La proposta, tuttavia, ha una sua logica. La popolazione globale si avvicina ai sette miliardi ed entro il 2050 dovrebbe arrivare a nove, per poi diminuire gradualmente nei decenni successivi.
Questa previsione si basa sulla premessa molto ottimistica che sempre più persone riusciranno a uscire dalla povertà e dunque saranno meno incentivate a fare figli come forma di “assicurazione” pensionistica per la vecchiaia. Ma è comunque troppo tardi: il mondo è già troppo affollato. Allora, è arrivato il momento di limitare il numero di figli che si possono avere, come avviene in Cina dal 1979?
Il mondo di Aldous Huxley
L’Optimum population trust (che di recente ha nominato come suo rappresentante il documentarista David Attenborough) sostiene che in Gran Bretagna la popolazione dovrebbe ridursi a 30 milioni di persone entro la fine del secolo. Si tratterebbe di un crollo verticale dai 60 milioni circa che vivono oggi nel paese. Come si fa a ottenere un risultato simile senza sfociare in un regime totalitario come quello cinese? La soluzione dell’Optimum population trust è quella di “riequilibrare il rapporto numerico tra immigrati ed emigrati, cercando di ridurre le gravidanze tra le minorenni e incoraggiando le coppie a fermarsi a due figli”.
C’è qualcosa che ricorda da vicino il Mondo nuovo di Aldous Huxley e che molti trovano sconcertante. Ma è chiaro che, se vogliamo evitare una catastrofe ambientale, nei mesi e negli anni a venire dovremo prendere delle decisioni difficili. Meglio cominciare a discuterne il prima possibile anche se alcune proposte sono decisamente sgradevoli.
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