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Clima e immigrazione sono al centro del dibattito in Finlandia

La cattedrale di Helsinki, 2018. (Chris J Ratcliffe, Getty Images)

Ventotto giornalisti raccontano la campagna elettorale nel proprio paese in vista delle elezioni europee del 26-29 maggio 2019. La serie è realizzata in collaborazione con VoxEurop.

Il 14 aprile 2019 in Finlandia si sono svolte le elezioni politiche, e al momento sono ancora aperte le trattative per creare una coalizione di governo. In questo contesto è inevitabile che le elezioni europee del 26 maggio siano state eclissate dalla politica interna.

Non è certo una novità, ma oggi il fenomeno è ancora più evidente per la concomitanza delle due tornate elettorali. Tradizionalmente i finlandesi sono poco inclini a votare alle europee. Nel 2014 l’affluenza era stata appena del 41 per cento, contro il 72,1 per cento alle politiche di quest’anno. Secondo l’emittente nazionale finlandese, Yle, se nel paese si tenesse un referendum sull’adesione all’Europa unita, il 68 per cento della popolazione sarebbe favorevole, mentre i contrari sarebbero appena il 14 per cento.

Nella campagna elettorale per le europee di quest’anno sono emersi due temi cruciali: la lotta al cambiamento climatico e la necessità di trovare una soluzione per la prossima crisi migratoria. In entrambi i casi, i partiti finlandesi e i loro elettori hanno posizioni quasi simili. Se gli obiettivi sono condivisi, il dibattito su come raggiungerli, economicamente e socialmente, è acceso.

Negli ultimi mesi in Finlandia si è discusso molto dei nuovi impianti per la lavorazione del legno in fase di progettazione e destinati a occupare l’entroterra del paese. Gli stabilimenti avranno bisogno di una quantità senza precedenti di legno come materia prima. I boschi, chiamati “oro verde” in Finlandia, sono sempre stati considerati la base delle esportazioni e della ricchezza generale del paese. Tuttavia i limiti fissati per l’emissione di CO2 rappresentano un problema per l’industria del legno.

I partiti che partecipano al negoziato per la formazione di un governo stanno cercando di trovare un compromesso tra la produzione industriale e la protezione del clima.

Solo i conservatori tradizionalisti chiedono la chiusura delle frontiere e sminuiscono il cambiamento climatico

Un altro tema importante nel dibattito sul clima riguarda la rapidità della transizione dai veicoli a benzina e gasolio alle automobili elettriche. La Finlandia è un paese caratterizzato da grandi distanze, dove l’automobile è spesso necessaria, soprattutto fuori città. Le automobili elettriche sono ancora piuttosto care, senza contare che le piazzole di ricarica scarseggiano e sono concentrate nelle aree residenziali.

Sul tema dell’immigrazione, la maggior parte dei finlandesi vorrebbe rafforzare la politica migratoria comune dell’Unione europea ma proseguire sulla strada della solidarietà in situazioni di emergenza, come accaduto all’apice della crisi, nel 2015. I finlandesi ritengono che i profughi dovrebbero inoltrare richiesta d’asilo prima di raggiungere i paesi dell’Unione. Molti vorrebbero un aumento dell’immigrazione legale in Europa.

Esclusi dai negoziati di governo
Solo i conservatori tradizionalisti del Partito dei finlandesi sono contrari. Conosciuti in passato con il nome di Veri finlandesi, sminuiscono il problema del cambiamento climatico e propongono che i confini nazionali siano chiusi per impedire qualsiasi forma di immigrazione umanitaria.

Il Partito dei finlandesi si è piazzato al secondo posto alle elezioni di aprile, staccato con appena lo 0,2 per cento di voti dal Partito socialdemocratico (17,5 per cento contro 17,7 per cento). Secondo i sondaggi condotti dopo le elezioni, il Partito dei finlandesi sarebbe ormai la prima forza politica del paese.

Il partito è stato escluso dal negoziato per la formazione del nuovo governo perché la sua posizione sui diritti umani (e non solo) è incompatibile con quella delle altre forze politiche. Secondo un sondaggio recente, il 58 per cento degli elettori del Partito dei finlandesi ha un’opinione negativa dell’adesione del paese all’Unione europea.

La sezione giovanile del Partito dei finlandesi sostiene che chiunque non sia in grado di dimostrare di avere radici che affondano fino alla “preistoria della Finlandia” (il dodicesimo secolo) non dovrebbe essere considerato finlandese. Inoltre tutti i componenti della minoranza di lingua svedese (il 6 per cento del totale) non dovrebbero essere accettati come finlandesi, a prescindere dal tempo di permanenza dei loro antenati sul suolo nazionale.

Come confermato dagli storici, il criterio fissato dall’organizzazione è talmente vincolante che nessuno dei suoi aderenti ne soddisferebbe i requisiti. La Repubblica indipendente di Finlandia è stata fondata nel 1918. Prima di allora, dal 1809, aveva fatto parte dell’impero russo dopo almeno sei secoli trascorsi all’interno del regno di Svezia. Ma i giovani del Partito dei finlandesi tendono a dimenticare questi fatti storici…

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Ventotto giornalisti raccontano la campagna elettorale nel proprio paese in vista delle elezioni europee del 26-29 maggio 2019. La serie è realizzata in collaborazione con VoxEurop.

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