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Il potere dei senza potere in Romania

Una protesta a Bucarest, l’8 febbraio 2017. (Daniel Mihailescu, Afp)

Non nego il riscaldamento globale, ma quest’anno in Romania l’inverno è particolarmente duro. Il paese è sotto la neve, da settimane il termometro non sale sopra lo zero, le bufere innalzano muri bianchi alti più di un uomo, la circolazione è caotica e i parcheggi per le auto sono ricoperti di neve. In questa apocalisse bianca siamo scesi in piazza a protestare, a migliaia, a centinaia di migliaia. Siamo rimasti fermi per ore battendo i piedi dal freddo, vestiti come esploratori dell’Antartico, ci siamo riscaldati con il tè dei termos, abbiamo gridato slogan, abbiamo cantato e sventolato le bandiere della Romania e dell’Unione europea.

Abbiamo riso fino alle lacrime, che ci si ghiacciavano sulle guance, guardando i cartelloni sui quali dei vignettisti non professionisti, ma di genio, avevano disegnato i padroni del paese nelle pose più ridicole. Sì, stiamo patendo terribilmente il freddo, ma resistiamo e d’ora in poi la resistenza – quella vera, quella morale, quella dei valori e dei princìpi che ci rendono esseri umani – è la nostra colonna vertebrale. Protestiamo prima di tutto per poterci fissare negli occhi quando ci guardiamo allo specchio.

Václav Havel parlava del potere dei senza potere. È di questo che si discute oggi in Romania. Ci riuniamo a centinaia di migliaia in piazza e per strada per esercitare il nostro potere contro la paura, il freddo, la miseria umana, la corruzione, il disprezzo, l’arroganza. Per mostrare che la politica dev’essere etica e al servizio delle persone.

Viviamo tempi miserabili e non sappiamo chi incolpare perché la colpa è interamente nostra. È colpa nostra se oggi l’Europa è simile al Battello ebbro di Rimbaud. È colpa nostra se c’è stata la Brexit, se anche la Francia uscirà dall’Unione, se degli esseri umani che scappano dalla guerra muoiono alle nostre frontiere difese da muri. È colpa nostra, di tutti noi, che guardiamo le cose deteriorarsi giorno dopo giorno, senza fare nulla, come se l’avvicinarsi della catastrofe non ci riguardasse.

Non saranno Trump o Putin a distruggere l’Europa, ma la nostra mancanza di entusiasmo, di ideali, di valori

Quando la politica non è sufficiente a difendere le nostre vite, la dignità e il futuro, ci rimane sempre una via d’uscita: la protesta. Quando i partiti rimangono immobili siamo noi, i cittadini, a dover scendere in piazza. Non saranno Trump o Putin a distruggere l’Europa, ma la nostra mancanza di entusiasmo, di ideali, di valori.

Oggi siamo nelle strade e nelle piazze delle città romene perché ci importa. Perché non siamo estranei rispetto a quello che succede. Perché non siamo cittadini solo ogni quattro anni, alla scadenza elettorale. Nell’ultima settimana centinaia di migliaia di persone hanno manifestato nel centro di Bucarest, e perfino nella cittadina di Odobeşti è sceso in piazza un uomo, da solo. Quell’uomo, la persona più semplice della terra, è rimasto per una settimana davanti al comune con in mano il suo cartello, sotto la neve e con dieci gradi sotto zero, per dimostrare che anche a lui importa. In questo momento non ho altri eroi.

I romeni protestano contro la trasformazione del paese in un’odiosa demokratura, una combinazione di democrazia superficiale e dittatura profonda. I padroni della Romania, che fa parte dell’Unione europea e della Nato, non solo indirizzano le risorse pubbliche verso le proprie tasche, ma vogliono trascinare il paese in quella zona grigia dove si dimenano, senza un futuro, paesi come l’Ucraina, la Bielorussia e la Moldova. Uso l’espressione “padroni del paese” e non “governanti” perché chi governa è servitore della comunità, mentre quelli che oggi guidano la Romania si comportano come dei signori feudali. Le leggi sono fatte da loro per il loro interesse.

La giustizia è messa sotto attacco, in modo cinico e nel disprezzo dei cittadini. Il capo stesso del più grande partito romeno non è potuto diventare primo ministro a causa di una condanna penale. Un terzo dei parlamentari ha problemi con la giustizia. Come anche parecchi ministri. Il decreto che avrebbe dovuto evitargli il carcere è stato approvato a mezzanotte, come fanno i banditi, senza nessuna discussione preliminare e senza seguire la procedura necessaria. Ecco il paese in cui siamo costretti a vivere.

Fino alla fne
Siamo venuti a manifestare insieme ai nostri figli perché in fondo è per loro che protestiamo. Noi abbiamo vissuto sotto la dittatura e in miseria, non abbiamo avuto nessuno che ci insegnasse la resistenza e la dignità. Loro le imparano adesso, insieme a noi e accanto a noi. Un uomo che ha manifestato a piazza Victoriei per tutti i giorni della mobilitazione aveva un cartello con su scritto: “Io non ho figli. Sono qui per i vostri figli”.

Scenderemo in piazza fino alla fine, fino a quando avremo una democrazia vera, una giustizia libera, uno stato di diritto funzionante. Il provvedimento d’urgenza emanato dal governo è stato abrogato. Arrestato, il ladro ha restituito quello che aveva preso e ora vuole andar via come se niente fosse successo. Non solo senza chiedere scusa, ma anche accusando chi lo ha scoperto a rubare: il manifestante solitario di Odobeşti è stato denunciato dal comune.

Oggi ci riuniamo ogni sera in ogni città della Romania al buio e al gelo. Stiamo in cerchio e beviamo tè bollente. Gridiamo slogan pieni di ironia. Non ci illudiamo che saremo noi a far cadere quelli che ci opprimono e rubano. Sappiamo che ci colpiranno degli schizzi di fango. Non speriamo nell’aiuto di nessuno, interno o esterno al paese. Ci fidiamo solo di noi stessi, del nostro potere, di quelli che non hanno nessun potere. Vogliamo reinventarci come popolo e come cittadini. Vogliamo poterci guardare negli occhi, allo specchio, senza provare vergogna.

E se noi possiamo, potete anche voi.

(Traduzione di Mihaela Topala)

Questo articolo è apparso sul quotidiano tedesco Frankfurter Allgemeine Zeitung.

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