L’epoca delle scoperte non è finita
Il problema del mondo di oggi, dice il fondatore di PayPal Peter Thiel, è che crediamo che non ci sia più nulla di veramente importante o emozionante da scoprire. Ho già parlato male di Thiel altre volte, essenzialmente perché è un liberista un po’ ridicolo che vuole vivere fino a 120 anni, se non addirittura “risolvere il problema della morte”, e costruire città galleggianti per sfuggire alle grinfie dello stato.
Ma in un periodo in cui il mondo della tecnologia sta impazzendo per trovare il sistema di postare filmati dal vivo su Twitter (perché se c’è una cosa di cui abbiamo urgente bisogno è un altro motivo per passare più tempo su Twitter) è difficile non ammirare la grandiosità delle sue ambizioni. Inoltre, l’approccio di Thiel all’innovazione è troppo interessante per lasciarlo ai liberisti e agli aspiranti miliardari. Perciò sono costretto ad ammettere che il suo ultimo libro, Da zero a uno, potrebbe essere un’ottima lettura per chi lavora in un settore nel quale è importante farsi venire nuove idee.
Di questi tempi, sostiene Thiel, dividiamo le grandi scoperte in due categorie: quelle che sono state già fatte e quelle che probabilmente non si faranno mai. “Le cose che restano da fare sono o troppo facili o impossibili, e quindi sono poco gratificanti”, scrive. Sembra che resti solo una via di mezzo, difficile ma possibile, che non esistano più quelle invenzioni o soluzioni che Thiel chiama “segreti”, in contrapposizione agli insolubili “misteri”.
Non è sempre stato così: prima che il pianeta fosse stato completamente mappato, gli esploratori scoprivano continuamente segreti. Ma oggi nel mondo degli affari e della cultura si è diffusa la sensazione che tutte le cose importanti e fattibili siano già state fatte. Secondo Thiel ne soffrono tutti, dai fondamentalisti religiosi agli hipster che amano le cose rétro. Ma sbagliano, dice. Ci sono ancora tanti segreti da scoprire. Basta sapere dove guardare.
È liberatorio pensare che le grandi idee “sono lì” in attesa di essere scoperte, piuttosto che create dalla nostra mente. Ci solleva dall’ansia di essere geni a tutti i costi, e ci fa pensare che sia sufficiente trovare nuovi modi di guardare al mondo per vedere quello che c’è già. Ma come? Provate a chiedervi quali argomenti sono tabù nel vostro campo di attività, dice Thiel. In questo senso, Cinquanta sfumature di grigio sarebbe stato la scoperta di un settore commerciale fino a quel momento ignoto: quello della pornografia socialmente accettabile. Un’altra domanda che bisognerebbe porsi è: quale corso di laurea non esiste ancora nelle grandi università come Harvard, Oxford e Cambridge? La risposta ci permetterà di individuare quali settori della conoscenza non sono ancora standardizzati, per esempio quello dell’alimentazione, una materia di importanza vitale della quale sappiamo ancora vergognosamente poco.
Una delle conseguenze è che la “rottura”, l’approccio preferito della Silicon valley a qualsiasi problema, non è la strada giusta. Se si cerca di cambiare le istituzioni dall’interno si finisce inevitabilmente per pensare nei loro termini e per ripercorrere i loro passi. Lo stesso discorso vale per la vita privata: cercare di “rompere le convenzioni” significa comunque lasciare che siano le convenzioni a dettare i nostri comportamenti.
“La vera sfida”, conclude Thiel, “è trovare cose difficili ma fattibili. Creare una nuova frontiera, non accettare semplicemente la definizione di frontiera che danno gli altri”. Che stiate cercando di risolvere il problema dei viaggi spaziali, quello della povertà nel mondo o una questione personale, non cadete nella trappola di pensare che se un’idea fosse buona sarebbe già venuta in mente a qualcun altro, perché è esattamente quello che pensano anche gli altri.
(Traduzione di Bruna Tortorella)