Venerdì 7 agosto un tribunale polacco ha ordinato l’incriminazione e l’incarcerazione preventiva di Margot, un’attivista non binaria che usa pronomi femminili, e di uno dei fondatori del collettivo polacco queer Stop bzdurom. I due dovrebbero restare in prigione per due mesi, accusati di aver assaltato e distrutto un furgone della campagna Stop pedofilia. Da mesi i furgoni, parte di un’iniziativa lanciata dall’organizzazione provita, neonazionalista e cattolica Fundacja pro-prawo do życia (Fondazione per il diritto alla vita) e sostenuta da gran parte delle istituzioni governative, girano indisturbati per le strade di Varsavia. I manifesti esposti sui furgoni equiparano la pedofilia all’omosessualità e l’educazione sessuale all’abuso sessuale.
Un esempio: “Sapete cosa vuole insegnare la lobby lgbt ai vostri figli? Masturbazione a quattro anni! Permesso di avere rapporti sessuali a sei anni! Primi rapporti e orgasmi a nove anni!”. Questi furgoni, ma anche altri manifesti e manuali d’educazione omofobi, sono chiari segnali di una violenza istituzionale contro le minoranze sessuali e di genere, una violenza che mette a rischio la vita di persone “colpevoli” di essere non eterosessuali e non uniformato sul piano del genere. L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) e il Rzecznik praw obywatelskich (difensore civico) hanno criticato il contenuto dei manifesti e delle pubblicazioni, senza ricevere alcuna risposta dal governo.
Un anno e mezzo fa, in risposta alla campagna Stop pedofilia, Margot e la sua partner Lania hanno fondato il collettivo Stop bzdurom per combattere la propaganda omofoba. Volevano contrastare il senso di vergogna, la passività, il silenzio, la paura e la solitudine, utilizzando le bandiere queer per coprire i manifesti omofobi e decorando i monumenti pubblici con i simboli della resistenza.
Repressione violenta
L’arresto di Margot fa parte di una più ampia operazione del governo e delle forze dell’ordine per limitare e ridimensionare i diritti delle minoranze sessuali e di genere, oltre che per sopprimere qualsiasi forma di antagonismo critico. Dopo l’incarcerazione di Margot sono stati organizzati blocchi pacifici davanti al commissariato di polizia di via Wilcza e in altre aree di Varsavia. Le manifestazioni sono state brutalmente represse dalla polizia. Decine di manifestanti sono stati picchiati, e molti sono stati arrestati e trasportati nelle stazioni di polizia. Non sono state fornite informazioni sul luogo in cui sono detenuti. L’immunità dei parlamentari d’opposizione che li hanno accompagnati e hanno cercato di proteggerli con i loro corpi è stata completamente ignorata.
Joanna Bitner, presidente della corte distrettuale di Varsavia, non ha rivelato il motivo per cui Margot è stata arrestata. La procura non ha ancora preso in esame la richiesta dell’attivista di poter contattare un avvocato. I diritti della difesa vengono violati a ogni passaggio. Ad altri manifestanti arrestati non è stato permesso di contattare le proprie famiglie né i propri rappresentanti legali. Le persone fermate sono interrogate senza la presenza di un avvocato. Il diritto all’informazione è negato. Soltanto il blocco di un’automobile della polizia da parte del deputato Magdalena Biejat, a tarda notte, ha costretto le autorità a rivelare dove si trovassero alcune delle persone portate in un primo momento alla stazione di polizia in via Zakroczymska. Ora sappiamo che 48 sono state incarcerate e che i primi interrogatori sono in corso. Sono intervenuti il difensore civico Adam Bodnar e i rappresentanti del garante nazionale contro la tortura. Ci sono evidenti segnali del fatto che le persone arrestate sono state picchiate, torturate e molestate sessualmente durante gli interrogatori. Né il governo né la polizia hanno fornito ulteriori informazioni.
Per questo lanciamo un appello internazionale pubblico per chiedere l’immediata scarcerazione di Margot. Chiediamo inoltre alla procura di Varsavia di cancellare il mandato d’arresto contro di lei e alla polizia di Varsavia di smettere di vessare i manifestanti.
Lunga tradizione
Questo appello internazionale è anche una denuncia della svolta autoritaria del governo polacco e della violenza misogina, omofoba, transfobica e razzista ormai radicata nelle istituzioni e nelle forze dell’ordine in Polonia. Il paese ha una lunga tradizione di persecuzioni nei confronti delle minoranze: ebrei, rom, migranti, gay, transgender e individui non bianchi sono stati criminalizzati e violentemente stigmatizzati ricorrendo a una serie di leggi approvate dalle autorità in diversi momenti della storia recente della Polonia.
Tra il 1985 e il 1987 il Partito comunista polacco ha condotto la cosiddetta operazione Giacinto, una grande campagna di propaganda omofoba abbinata a un’operazione delle polizia segreta per ricattare e perseguitare gli omosessuali, le persone sieropositive e i lavoratori del sesso. Nonostante quella persecuzione fosse stata criticata dagli intellettuali e dagli attivisti, l’operazione fu ritenuta “legale” in base alle leggi del paese sotto il regime comunista. Negli ultimi due anni è stata lanciata un’altra campagna “legale” contro le minoranze sessuali. Ora questa campagna è stata intensificata dal presidente Andrzej Duda con la complicità del primo ministro Mateusz Morawiecki e del viceministro della giustizia Sebastian Kaleta.
Il comunismo autoritario e il neoliberalismo autoritario mirano entrambi a imporre l’idea secondo cui il corpo eterosessuale purificato e normalizzato è il cittadino sovrano del paese. La democrazia finisce quando le istituzioni sono utilizzate per riscrivere le relazioni di potere, quando la legge giustifica la violenza razziale, sessuale o di genere e quando la difesa “dell’infanzia” o dei monumenti viene strumentalizzata per discriminare i non eterosessuali e i non binari. I bambini e gli adulti queer, trans e non binari devono essere difesi. Questo è un appello rivolto a tutte le forze internazionali libere: agite adesso contro la violenza dei governi, delle istituzioni e delle forze di polizia nei cosiddetti stati “democratici” occidentali.
Forza e amore per Margot, e per tutti i manifestanti arrestati.
Primi firmatari:
Wojciech Pus
Paul B. Preciado
Ewa Majewska
Judith Butler, università della California, Berkeley
Judith Revel, filosofa, Parigi
Antonio Negri, Bologna/Parigi
Virginie Despentes
Magdalena Górska, Utrecht
Mariya Ivancheva, università di Liverpool
Collettivi LevFem & LeftEast
Laboria Cubonix
Jack Halberstam, columbia University, New York
Patricia Reed, teorica femminista e artista, Berlino
Ovul O. Durmusoglu curatore, Berlino
Margarita Tsomou, Hau, Berlino
Michał Murawski, Ucl, Londra
Rafał Jakubowicz, università dell’arte, Poznan
Dominique Gonzalez-Foerster, artista
Lisa Duggan, New York university
Catherine Malabou, King’s college, Londra
Laima Kreivyte, accademia di belle arti, Vilnus
Aleksandra Przegalinska, Varsavia
Agata Lisiak, Bard college, Berlino
Aldona Kopkiewicz, scrittore
Gal Kirn
Ankica Cakardic
Daniel Muzyczuk, curatore, Łódź e Varsavia
Viktor Neumann, curatore
Natalia Sielewicz, curatrice
Tomasz Fudala, curatore
Sebastian Cichocki, curatore
Magda Lipska, curatrice
Szymon Maliborski, curatore
Krystyna Duniec, Art institute of Chicago
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