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A Roma è meglio avere il papa dalla propria parte

Piazza San Pietro, Città del Vaticano, il 5 aprile 2015. (Max Rossi , Reuters/Contrasto)

C’è stato un tempo non troppo lontano in cui la Santa sede criticava apertamente e quotidianamente la gestione della città eterna, affidata dal 2013 a un sindaco di sinistra, Ignazio Marino. Diciamo fino al 3 novembre scorso, quando molti giornali hanno dato risalto a due libri dedicati alle disastrose finanze vaticane e alla fantasiosa amministrazione della Curia, Via crucis di Gianluigi Nuzzi e Avarizia di Emiliano Fittipaldi.

“Chiedo scusa per gli scandali che sono scoppiati in Vaticano e a Roma”, ha dichiarato il papa lo scorso 14 ottobre. Per quanto riguarda il Vaticano era facile immaginare a cosa si riferisse: il coming out del prete polacco Krzysztof Charamsa alla vigilia dell’apertura del sinodo, le insinuazioni su una rete di prostituzione maschile che avrebbe coinvolto alcuni prelati, il mancato processo all’ex nunzio apostolico a Santo Domingo accusato di pedofilia e morto senza essere stato giudicato. C’era solo l’imbarazzo della scelta. Ma Roma? Di cosa era colpevole la città, tanto da richiedere l’intervento del papa?

Per saperlo bisogna leggere L’Osservatore Romano, organo ufficiale della curia. Pochi giorni prima dell’intervento di papa Francesco, infatti, il quotidiano aveva parlato delle “macerie di Roma”. Lo scandalo Mafia capitale era scoppiato un anno prima. Diversi mezzi d’informazione avevano pubblicato i loro punti di vista sulla decadenza della società, e il Vaticano era molto preoccupato delle conseguenze della vicenda sul giubileo, che a partire dall’8 dicembre porterà milioni di pellegrini in una città già a rischio asfissia.

Il cardinale Agostino Vallini, vicario del papa, aveva chiesto “la formazione di una nuova classe dirigente nella politica romana”, tanto più urgente considerando che Marino, ignorando la pericolosità del potente coinquilino della città eterna, aveva sfidato il papa organizzando dei matrimoni omosessuali. Vallini aveva parlato anche di “una sorta di anemia spirituale” nella capitale italiana.

Da allora è passata molta acqua sotto i ponti che separano il Vaticano dal Campidoglio. Il 5 novembre è cominciato il processo Mafia capitale, con 148 udienze in programma fino a luglio. Marino, rimasto isolato, ha lasciato il posto a un commissario che amministrerà la città fino alle prossime elezioni e che domenica scorsa si è precipitato a salutare il papa che celebrava la messa al cimitero del Verano. Meglio avere Francesco dalla propria parte, evidentemente.

D’altro canto, per quanto ne sappiamo, neanche un politico italiano ha osato commentare gli scandali finanziari esplosi in Vaticano, che avrebbe diversi motivi per fare pulizia in casa propria. Nessuno ha chiesto “la formazione di una nuova classe dirigente” in Vaticano. Ci mancherebbe altro.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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