1. The Boxer Rebellion, No harm
Oh, come suona bene certe volte il rock, quando sbatte fuori le mossette ironiche, si carica sulle spalle tutti i pesi del mondo, li trasforma in grandiosi panorami d’introspezione e prova con fatica a sorvolarli. Vengono in mente i National, ma anche i lamenti di Eddie Vedder di Into the wild e certe parti di Joshua tree degli U2. Siamo, invece, in compagnia di una band seminuova, anglo-australo-americana (la voce perforante è di Nathan Nicholson dal Tennessee); il nuovo album, The Cold Still, sa già di classico indie per chi si è stufato di frattaglie irrilevanti.
2. Areamag, La discarica
“Butto la cicca nel fosso butto la cicca sul prato butto la cicca sul marciapiede tanto nessuno mi vede / Butto la carta dal finestrino butto il sapone nel lavandino butto me stesso nel mare / Quanti come me sanno già galleggiare”. Riassunto eccellente per questi anni monnezzari, e per una tendenza molto italiana a buttarsi via, dall’omino fiancheggiatore di Simone Cristicchi, alias Gabriele Ortenzi; giocoliere di parole e idee grottesche, un po’ in quota Vinicio Capossela / Tom Waits. Il suo album di cabaret apocalittico è intitolato Si salvi chi può.
3. Robert Miles, Afterglow
Parabola interessante, quella di Roberto Concina, nato da qualche parte in Svizzera, cresciuto in Italia, esploso in giro per il mondo con tormentoni trance tipo Children e poi esiliato a Londra a mettere la sua expertise elettronica al servizio di un suono neoprogressive: è appena affiorato in superficie il suo nuovo Thirteen, con Robert Fripp. Superfici patinate e ricicli di Shine on you crazy diamond, fusioni di jazz cosmico e soundscape sottovuoto. Da ascoltare in cuffia per mettere in pausa il resto. O da usare per nuovi video da velisti.
Internazionale, numero 883, 4 febbraio 2011
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