1. Green Like July, Flying scud

Dalle pampas padane tra Pavia e Alessandria alle flatlands del Nebraska: un trio italianissimo di chitarra basso e batteria ha sfogato la passione americana atterrando a Omaha, negli studi di registrazione di Mike Mogis dei Bright Eyes. Che li ha conciati per le feste, con tutti i suoni giusti, raccolti nell’album Four-legged fortune. Organetti hammond e slide guitar, cori ascensionali e profondità di suoni vintage: agghindati così bene percorrono una brillante middle-of-the-road; ma per trovare pepite d’oro dovranno anche scaraventarsi nei fossi e infangarsi.

2. Treefight for Sunlight, You and the new world

Più difficile, per una ciurma di ventenni vichinghi di Copenaghen dare a intendere che nelle loro vene scorre sangue californiano anni settanta. Eppure A collection of vibrations for your skull vive di colpi di sole, intrecci di voci celesti, sonorità aeree. A tratti si raggiunge una specie di beatitudine, ma la rarefazione dell’aria causa vari giramenti di testa. L’importante è trovare vette da scalare, e se si pensa che la Danimarca non ha praticamente montagne, loro sono come quattro stambecchi dello Jutland, tre dei quali figurano come voci soliste.

3. Crystal Fighters, I do this everyday

Se c’è una cosa che loro non fanno è suonare americani. Perché dovrebbero? Suonano già il txistu e la txalaparta: strumenti di casa per questi cinque matti spagnoli d’origine navarra che sonnambulano a Londra, mixando le origini folk a quell’elettronica danzereccia tutta sintetica che gli inglesi, più che altro in onore della scena rave di Ibiza, ancora chiamano balearic. In Star of love provano vari miscuglioni di questa folktronica bifronte, derapando ed estasiandosi, sbagliando e sorprendendo; infine creandosi il loro personale, basco wonderland.

Internazionale, numero 884, 11 febbraio 2011

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