1. Selah Sue, Raggamuffin

C’è questa ragazza belga, studentessa di psicologia a Lovanio, biondoazzurra negli occhi e nei capelli, una sorta di fidanzata estiva ideale da adepti dell’Erasmus e delle trasferte low cost verso nord; poi imbraccia la chitarra e si trasforma in un rasta missile e strascica le sillabe della redenzione e della miseria che neanche Lauryn Hill. E insomma, questa Erykah Badu imprigionata nelle sembianze di una piccola secchioncella fiamminga merita la cittadinanza onoraria giamaicana; soprattutto merita di farsi ascoltare con il suo nuovo album.

2. Lala Mangiaracina 4tet, ldda

Rullanti, spazzole, fichidindia; contrabbasso lungomare, pianoforte pescatore, e una voce sicula che veleggia per panorami antichi. La voce di Laura Lala, il piano di Sade Mangiaracina: un jazz di passioni mediterranee che ribollono, cucinato da fimmini col diploma del conservatorio in tasca e la sfrontatezza per immergersi nella gavetta delle lunghe notti blu. Forse essere donna in Sicilia non è più così difficile ma essere una jazzista è difficile ovunque. Fluida, gradevole rumba dei perturbamenti eleganti dall’album Pure songs.

3. Susanna Parigi, Liquida

Vabbene: c’è il recitativo di Lella Costa iniziale, una cosa di pigmei e palazzi. C’è questa pioggia di acuti e di concetti spremuti da menti raffinate. C’è un clima etereo e tendine di organza bianca ovunque, nelle stanze della maison Parigi. Ci sono quartetti d’archi in agguato e châteaux che appaio­no d’incanto. Ci si sente incoraggiati a sentirla Autrice con la maiuscola. Sarà, questa (come dice il titolo del nuovo lavoro) La lingua segreta delle donne: alta ed estetizzante, da melodramma rarefatto. L’overdose di sensibilità femminile può esistere?

Internazionale, numero 892, 8 aprile 2011

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