1. [Sébastien Tellier][1], Cochon ville
Oltraggioso e innocuo, il porno buono che risolve ogni dibattito tra intellettuali dei domenicali, cocker in estasi e petardi sodomiti, e in mezzo lui, nei panni di un redentore disceso dalla disco music francese, in quello che potrebbe sembrare il paradiso se avessero preso Tinto Brass come direttore artistico. Tenete lontani i bambini dal videoclip, per carità; ma l’estasi sintetica del guru nell’ultimo album color Viagra (My god is blue) è a portata di tutti, avvolgente e morbidona come un gonfiabile a forma di budino. Ad ascoltarlo, si vuole subito bene.
2. [Peppe Barra][2], Lo shampoo
Una giornata con Giorgio Gaber a Marechiaro, due cozze quattro canzoni un po’ di sole un po’ d’acqua, una doccia, lacrime agli occhi, una marea di risate e tanto tanto sentimento. Può sembrare una fesseria, ma Barra (di cui un nuovo album, Ci vediamo poco fa, riunisce cavalli di battaglia di sempre e degli ultimi spettacoli, c’è ‘Na sera ‘e maggio ma anche Brecht e Gianni Rodari) a suo modo è un altro baccante blu, quel blu Procida capace di fermare il tempo col vocione e la chitarra, farlo rilassare e poi ripartire, magari un poco poco brillo ma perso mai.
3. [Fabio Milella][3], Che fico
Vabbè, siamo al cabaret. Riesumare Pippo Franco gelati patatine poster adesivi spilla punk sul giubbotto pattinare con le ragazzine, fico quello lì. Un come eravamo, ma col suffisso “scemi”: era il 1982 (di dèi in azzurro ce n’erano ventidue), e il nasone nazionale faceva finta di andare di moda con questo tormentone estivo (con video realizzato sulla ciclabile della Martesana), non meno cinico né furbo di una qualsiasi Cacada odierna, né meno paraculo di Milella che sbarca con il suo carico di Elettrottanta scongelati in tempo per la stagione dei ghiaccioli.
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Internazionale, numero 953, 15 giugno 2012
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