1. Stray Birds, Best medicine
Armonie a tre, chitarre, banjo e violini, e tutte le sfumature dell’autunno da tre ragazzi primavera della Pennsylvania. Gente all’antica, e lo senti benissimo; però, santa pace, qual è il punto di cercare roba nuova a tutti i costi quando funziona così bene il rimedio della tradizione? Uccellini randagi dell’Americana, convinti che la musica sia la medicina migliore. Best medicine è anche il titolo dell’album, e la canzone è ispirata dalla visita a un vivace negozio di dischi in mezzo a tante saracinesche ammainate nella città di Schenectady, New York.

2. Deerhoof, Paradise girls
Questa è agli antipodi: sono sneakers che calpestano i marciapiedi più zozzi di San Francisco, e poi si piazzano in un qualche scantinato di Portland, Oregon, e producono suoni di chitarre che sembrano galline punk in un cosmo di clangori che rimandano ora ai Ramones, ora al noise rock più strutturato. La isla bonita è un album da veterani dell’inquietudine, tra Sonic Youth e Flaming Lips, disciplinata, solida rappresentazione del caos tenuta insieme dalla voce delicatessen della cantante Satomi, in giro da vent’anni come tutta questa banda di svitati.

3. VonDatty, L’amore malato
“Sono la stanza in cui mi hai dimenticato”. Cupezze coi baffi da questo cantautore di Tivoli, ammorbato di provincia. Con il suo album Madrigali si pone come un maker di preghiere a prescindere dal divino, corteggia qua e là lo strazio, se ne libera circondandosi di dense sonorità da tempesta elettrica, di musica niente affatto leggera, che anzi a volte rimanda a quella paranoia propria dei vecchi film di Dario Argento, quando nel giro di due/tre inquadrature cala la notte, il giardino si fa deserto, i cespugli frusciano e in giro non c’è più anima.

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Questo articolo è stato pubblicato il 21 novembre 2014 a pagina 90 di Internazionale, con il titolo “Malattia bonita”. Compra questo numero | Abbonati

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