I diritti delle donne vanno difesi, dall’Afghanistan al Texas
Una vignetta pubblicata negli Stati Uniti lega due attualità agli antipodi. La vignetta raffigura due donne in burqa, nelle montagne dell’Afghanistan. Una dice all’altra: “Prega per le donne del Texas”.
Evidentemente questo parallelismo non significa che le due situazioni siano paragonabili. In Afghanistan, d’altronde, è la totalità dei diritti delle donne a essere sparita in un colpo solo con la vittoria dei taliban. Tuttavia la vignetta ricorda che i diritti delle donne rischiano di essere rimessi in discussione a tutte le latitudini.
In Texas la maggioranza repubblicana del secondo stato più popoloso d’America ha fatto fare un balzo indietro di 48 anni alla normativa sull’interruzione volontaria di gravidanza. Il governatore repubblicano ha infatti promulgato una legge che vieta l’aborto oltre le sei settimane, ovvero la maggioranza dei casi. La legge del Texas diventa così la più restrittiva degli Stati Uniti.
Ma soprattutto fa discutere il fatto che la corte suprema statunitense, con cinque voti favorevoli e quattro contrari, abbia deciso di non bloccare la legge texana. È una svolta di enorme impatto.
Diversa dimensione
La vicenda riporta alla luce una vecchia battaglia, conclusasi con la decisione della corte suprema conosciuta come Roe contro Wade, che nel 1973 aveva preso le parti delle donne nel dibattito tra libertà di scelta e antiabortisti .
Ma negli ultimi anni la corte suprema ha vissuto profondi cambiamenti in senso conservatore. L’anno scorso Donald Trump ha forzato la mano per sostituire la celebre giudice Ruth Bader Ginsburg subito dopo la sua morte e ad appena due mesi dalle elezioni presidenziali. Al posto di quella donna liberal Trump ha voluto Amy Coney Barrett, una cattolica conservatrice.
Il voto del 2 settembre è una vittoria politica a posteriori per Trump, mentre Joe Biden denuncia “un attacco senza precedenti ai diritti costituzionali delle donne”.
Ancora una volta, dunque, la guerra culturale che oppone “le due Americhe”, quella liberal e quella conservatrice, si conduce sulle spalle delle donne.
Gli Stati Uniti non sono l’unico paese in cui è in atto questo conflitto. Più vicino a noi, la Polonia ha fortemente limitato il diritto all’aborto, e la società civile polacca continua a protestare contro una decisione che anche in questo caso divide il paese.
In Afghanistan, naturalmente, la dimensione del dramma è completamente diversa. I taliban vogliono l’invisibilità assoluta delle donne nella vita sociale, ovvero l’opposto della società aperta che è esistita negli ultimi due decenni (anche se solo nei grandi centri urbani).
Resta il fatto che in tutti i casi citati i diritti delle donne, conquistati dopo una battaglia durata un secolo, sono attaccati in nome di una lettura reazionaria dei testi sacri (di tutte le religioni).
Oggi non possiamo dimenticare che grazie all’impegno degli attivisti l’aborto è stato legalizzato anche in paesi dove la presenza religiosa è stata a lungo dominante, come Irlanda o Argentina.
Ma la spia della regressione che si accende in questo momento dimostra che la lotta non è mai stata definitivamente vinta. È una lezione per tutti quelli che si interrogano sul senso dell’impegno femminista nel ventunesimo secolo.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
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