I migliori libri di fotografia del 2015 scelti da Internazionale
Dall’ultimo libro dedicato a Man Ray dall’editore Robert Delpire al progetto sui paradisi fiscali realizzato a quattro mani da Paolo Woods e Gabriele Galimberti: Internazionale ha scelto i libri fotografici più interessanti usciti nel 2015. Con quattro segnalazioni di Christian Caujolle.
The heavens
Paolo Woods e Gabriele Galimberti, Dewi Lewis
Con la sua copertina azzurro chiaro e le nuvole appena accennate il libro dimostra che il paradiso esiste, anzi ne esiste più di uno. Da Singapore alle isole Cayman, passando per il Lussemburgo, Woods e Galimberti hanno fotografato una decina di paradisi fiscali tra il 2012 e il 2015. Il lavoro è una vera e propria inchiesta a quattro mani, arricchita da un testo di Nicholas Shaxson, sui centri finanziari offshore. Con un vero lavoro di documentazione, ma usando uno sguardo ironico, attento ai dettagli, i fotografi sono riusciti a far uscire dall’ombra un mondo di solito invisibile.
D’entre eux
Cédric Gerbehaye, Le Bec en l’air
Forse nessun altro paese è meno fotografato del Belgio. E anche il belga Gerbehaye per anni ne è stato lontano, andando a lavorare soprattutto in Sud Sudan, in Medio Oriente e nella Repubblica Democratica del Congo. Nel 2012 però ci è tornato e per tre anni ha girato per le strade, gli ospedali, le prigioni e le fabbriche cercando di raccontare il mondo esteriore e quello interiore delle persone che ci vivono. Non è un lavoro sul Belgio, ha spiegato Gerbehaye, ma in Belgio. Un racconto in bianco e nero, avvolto da atmosfere quasi cinematografiche, con volti, corpi e luoghi, spesso schiacciati ai margini delle foto.
Obia
Nicola Lo Calzo, Kehrer
Delle foto di questo lavoro è stato detto che hanno un approccio quasi chirurgico. Ma Lo Calzo risponde di aver solo cercato di esprimere il senso estetico del colore proprio dei bushinengue, discendenti degli schiavi fuggiti nel settecento dalle piantagioni, tra il Suriname e la Guyana Francese. Il titolo, Obia, nella lingua ashanti indica una pratica religiosa che lega le persone all’universo che le circonda. Il volume raccoglie 69 immagini a metà strada tra il reportage e l’arte concettuale, la fotografia documentaria e quella di paesaggio, spesso con uno sguardo verticale.
Modoru Okinawa
Keizō Kitajima, Gomma Books
Per cinque anni, a partire dal 1975, Kitajima si è immerso nella vita notturna della prefettura di Okinawa, in Giappone. Le sue immagini rivelano l’intreccio tra il mondo della prostituzione, soprattutto ragazze giapponesi, e quello dei soldati statunitensi, soprattutto neri. Kitajima sembra completamente a suo agio, si legge nella prefazione del volume, tra le donne, i clienti e i protettori. Lontano dal voyeurismo, sembra che i soggetti si offrano volentieri al fotografo – che spesso usa il flash sui loro corpi nudi – prestandosi a un gioco in bilico tra la realtà e la finzione.
Greetings from Auschwitz
Paweł Szypulski, Edition Patrick Frey
L’artista e curatore tedesco Paweł Szypulski ha collezionato cartoline di turisti che hanno visitato l’area del campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau in Polonia. La cartolina più antica della raccolta è datata 1947 e dà il titolo al volume. Oltre ai saluti, nel post scriptum troviamo: “Tutto è andato bene, mi mancate solo tu e il sole”. La foto è una vista sul campo. Il volume è un racconto provocatorio che fa riflettere su come, a volte, la combinazione tra le parole e le immagini possa risultare stridente e inappropriata. Un altro progetto sui luoghi di conflitto o colpiti da catastrofi ambientali e diventati attrazioni turistiche è I was here di Ambroise Tézenas (Dewi Lewis).
Moises
Mariela Sancari, La Fabrica
Le pagine si aprono a fisarmonica da entrambi i lati su una serie di ritratti di uomini che hanno dei tratti comuni: l’età, tra i 68 e i 72 anni, e gli occhi chiari. Attraverso l’annuncio su un giornale, Mariela Sancari ha incontrato e ritratto questi uomini per costruire un album di famiglia non convenzionale. Invece delle foto dei suoi parenti, il libro presenta i volti di persone che Sancari non hai mai visto prima, ma che potrebbero avere la stessa età e gli occhi di suo padre, morto senza che lei potesse vederne il corpo. La fotografia può essere un’indagine intima e personale, quasi una cura. Mentre si scorrono le pagine sembra di cercare insieme a Sancari quale di quelle persone sia più simile a suo padre.
My last seventeen
Doug Dubois, Aperture
In copertina c’è il fumetto di due ragazzi che giocano a baseball. E non è l’unico; di fumetti ce ne sono anche altri e fanno da intervallo a un progetto apparentemente ironico e leggero, che invece è un ritratto molto intimo sull’adolescenza. Per sei anni Dubois ha frequentato un gruppo di giovani irlandesi e ne ha raccontato le incertezze e le difficoltà, legate all’età, ma anche al quartiere in cui sono nati. Il risultato è un lavoro in cui a volte la naturalezza e la bellezza dei volti e dei luoghi sembra una scenografia in cui i ragazzi recitano da attori professionisti, ma che invece rivela la reale complicità che il fotografo è riuscito a instaurare con loro.
Images à charge
A cura di Diane Dufour, Le Bal/Xavier Barral
Corpi stesi a terra, quasi accartocciati su se stessi. Gli occhi chiusi e la stanza intorno nel disordine. La prospettiva è verticale e dall’alto. La didascalia riporta i nomi delle due persone preceduti dalla parola “omicidio”. Si tratta di foto scattate su alcune scene del crimine, foto che hanno valore di prove scientifiche. Per oltre 150 anni le immagini hanno avuto questo ruolo. E in questo libro, Diane Dufour, direttrice del museo di Parigi Le Bal, e l’editore Xavier Barral, si interrogano sul ruolo delle immagini usate come documenti o testimonianze. Avranno raccontato tutta la verità? Quale dettaglio è sfuggito? Come è possibile garantire l’affidabilità di immagini che potrebbero essere state falsificate?
Tout va bien
JH Engström, Aperture (scelto da Christian Caujolle)
È il libro più importante del più internazionale dei fotografi svedesi, dopo Trying to dance, l’opera che l’ha fatto conoscere e riconoscere dieci anni fa. Un modo unico di mettere insieme il bianco e nero con il colore, l’autobiografia con lo sguardo critico sul mondo, il paesaggio con il ritratto, la tenerezza con la violenza. E di affrontare il mondo per provare a capire quale può essere il nostro posto.
Man Ray
Man Ray, edizioni Robert Delpire (scelto da Christian Caujolle)
Ancora un Man Ray, si potrebbe dire. Sì, ma unico nel suo svolgersi con una libertà inaudita, che non tiene conto delle date, ma crea legami profondi tra le immagini. Le foto si soffermano su giochi di mani, lasciano spazio al colore (la copertina è una sorpresa magica), dialogano profondamente con le invenzioni del fotografo surrealista grazie all’impaginazione e al suo senso grafico. E come se non bastasse, per ogni immagine c’è un testo intelligente di Alain Sayag o Emmanuelle de l’Ecotais. Una delle opere più riuscite dell’editore Robert Delpire.
Ultimo domicilio
Lorenzo Castore, L’Artiere collection (scelto da ChristianCaujolle)
Concepito sul filo delle emozioni, delle vibrazioni luminose, in bianco e nero e a colori, senza alcun intento didattico, senza voler dimostrare qualcosa, solo per tuffarsi nel ricordo e accarezzare il modo in cui la fotografia può scendere a patti con il tempo. Un racconto, in senso letterario, offerto da una stampa di rara raffinatezza.
Ueda
Shoji Ueda,****Chose commune (scelto da Christian Caujolle)
Finalmente un libro non convenzionale su uno dei più originali maestri giapponesi. Non si limita alle sue messe in scena – sublimi – tra le dune, ma fa entrare chi guarda in un universo misterioso, totalmente a parte, inclassificabile. E scopriamo il colore del fotografo, con le ricerche pittoriche del capitolo Brillant scenes che vibrano quando le nature morte di frutti si affermano in modo duro e strano allo stesso tempo. Un oggetto realizzato magnificamente.