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Sette anni a Tel Aviv

Etgar Keret era disposto a pubblicare il suo libro ovunque nel mondo tranne che nel suo paese, Israele. Non perché avesse qualcosa contro quest’ultimo: su Israele aveva molte cose, come succede solo a chi nasce, cresce, respira in un paese e conosce perfino il suono che si produce camminando sui suoi marciapiedi.

Ma non era questo il motivo.

“Questa volta si tratta di un libro autobiografico”, aveva spiegato rivolgendosi ai giornalisti israeliani. “È un libro personale”. Eppure è rivolto a un pubblico non israeliano: “È come parlare a un estraneo in treno”, si è giustificato. “Non ti giudica e quindi è più facile”.

Ora il libro, Sette anni di felicità, è uscito in Italia e parla della sua vita: dalla nascita del figlio alla morte del padre.

Etgar Keret a Varsavia, in Polonia, nel 2012.

Nascita e morte sono sempre legati nelle pagine scritte da chi vive in un posto in cui basta affacciarsi alla finestra per trovare degli spunti in merito. “Un paradiso per gli scrittori”, lo aveva definito una volta Paolo Giordano, visitando Israele. Padre di un figlio nato durante un attacco terroristico a Tel Aviv, nipote di nonni sopravvissuti alla shoah per i quali sentire la voce di un bambino a casa era considerato un vero miracolo, ha scritto un elogio alla vita condito da una notevole dose di ironia, che sempre lo accompagna nella sua vita e nelle sue pagine.

Etgar Keret non ha mai avuto paura di esprimere le sue opinioni anche quando erano scomode per alcune orecchie di casa sua. A differenza di alcuni suoi colleghi illustri che vendono moltissime copie in tutto il mondo, lui non firma petizioni né scende in piazza. Resta seduto nel suo appartamento nel centronord della sua città, che ai giornalisti stranieri descrive spesso come uno stato all’interno di un altro: lo stato di Tel Aviv.

Ha un modo di parlare che potrebbe sembrare un po’ goffo e si narra che da piccolo sia stato indicato e intervistato come un raro caso di bambino che non voleva farsi capire. Intanto a noi riserva i suoi scritti, creando racconti brevi colmi di istanti tragicomici che riassumono perfettamente gli ingredienti di cui è fatta la vita di noi tutti.

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