Secondo l’Istat, dal 1990 il numero di permessi di soggiorno è aumentato del 500 per cento. Eppure, nonostante le recenti dichiarazioni del presidente del consiglio, i tassi di criminalità sono rimasti praticamente invariati.
Forse Berlusconi è stato ingannato dai dati sulla popolazione carceraria. Queste statistiche dimostrano che dalla fine degli anni novanta la quota degli stranieri sul totale dei detenuti è stata sempre superiore alla loro quota sulla popolazione italiana. Più di un carcerato su tre è straniero, mentre il rapporto tra immigrati e popolazione non arriva al 10 per cento.
Questi dati risentono del fatto che una larga parte degli stranieri, soprattutto gli irregolari, non può accedere alle misure alternative al carcere perché non ha un certificato di residenza valido. Data la lunghezza dei processi in Italia, questo fatto potrebbe aver contribuito a gonfiare il peso relativo della popolazione carceraria straniera. I dati del ministero della giustizia confermano che più della metà dei detenuti stranieri (il 57 per cento) è in attesa di giudizio, mentre la percentuale è più bassa tra gli italiani (42 per cento).
Un’altra possibile spiegazione è che, com’è successo nell’economia legale, gli immigrati siano subentrati agli italiani in diverse attività criminali. È emblematico il caso del traffico di stupefacenti, passato in larga parte dal controllo delle organizzazioni italiane a quelle straniere, soprattutto per quello che riguarda l’attività di spaccio, senza che questo facesse aumentare significativamente l’incidenza di questi reati.
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