Dall’inizio dell’anno il valore dell’euro nei confronti del dollaro si è ridotto del 17 per cento. Il calo è dovuto all’instabilità causata dal livello del debito pubblico nell’Unione europea.

È possibile che il deprezzamento continui e addirittura si consolidi: c’è chi ritiene possibile il raggiungimento della parità (un dollaro per un euro) entro la fine dell’anno. Bisogna cominciare a valutare gli effetti dell’euro debole sull’economia reale.

Il calo della moneta unica potrebbe aumentare la competitività dei prodotti italiani nell’area del dollaro e in Asia. Sarebbe un risultato molto importante: negli Stati Uniti il pil sta salendo molto più che in Europa, mentre Cina e India hanno ripreso a crescere a tassi vicini al 10 per cento all’anno.

Grazie all’euro debole, inoltre, il costo del lavoro aziendale si traduce in un equivalente in dollari più basso, senza che nelle imprese italiane ci siano conflitti sindacali, tagli ai salari o più straordinari. Vuol dire che le aziende italiane possono fare più profitti o aumentare le esportazioni, sfruttando il vantaggio del cambio a parità di costi e di impianti.

L’euro debole aumenta anche il costo delle importazioni. Ma questo è un problema solo per le imprese che fanno largo uso di materie prime. (con lavoce.info).

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it