Con il ritorno alla contrattazione collettiva sui diritti tv, nel prossimo campionato di serie A le squadre incasseranno 805 milioni di euro, contro i 673 milioni della stagione appena conclusa, l’ultima in cui ogni squadra ha potuto vendere individualmente i diritti delle partite casalinghe.
Il vecchio sistema, in vigore dal 1999, aveva creato un profondo divario tra le big e le provinciali. Lo strapotere economico di poche squadre era stato riconosciuto come una delle cause di Calciopoli. Sull’onda dello scandalo è stato deciso il ritorno alla contrattazione collettiva. Dalla prossima stagione i diritti tv saranno di proprietà della Lega calcio, che ripartirà il ricavato per il 40 per cento in parti uguali, per il 30 per cento in base ai risultati sportivi dal 1946 a oggi e per il restante 30 per cento in base al “bacino d’utenza”.
Le società si sono divise sulla definizione di questo dato, che si ricava in parte dal numero di sostenitori: da una parte ci sono la Juventus (che ha minacciato di uscire dal campionato), l’Inter, il Milan, il Napoli e la Roma; dall’altra il resto della serie A. Come osserva Diego Corrado su lavoce.info, la perequazione creerà forse un campionato più avvincente, ma nel lungo periodo renderà gli italiani meno competitivi in Champions league, dove molte squadre possono contare su risorse molto più cospicue.
La perequazione esiste in Inghilterra, mentre in Spagna il campionato è fortemente polarizzato. Per l’equilibrio economico e sportivo della serie A è essenziale introdurre regole di ripartizione, ma senza ignorare le altre realtà internazionali.
Internazionale, numero 899, 27 maggio 2011
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