Molti anni fa un volo Londra-New York tornò indietro perché non aveva abbastanza carburante. Avevano riempito i serbatoi A e C, ma qualcuno si era dimenticato di riempire il B. Nel 1983, invece, rimase senza carburante un Boeing 767 dell’Air Canada.
Le spie non funzionavano bene. Inoltre, a causa della confusione tra il sistema di misurazione basato sul gallone imperiale (che l’Air Canada usava sugli aerei più vecchi) e quello basato sui litri (appena introdotto per i nuovi 767), l’aereo era stato rifornito con 5mila litri di carburante invece di 20mila.
Entrambi i motori si fermarono ma i piloti riuscirono miracolosamente a planare fino ad atterrare sulla pista di un aeroporto in disuso. I canadesi, si sa, sono bravissimi a planare. Nel 2001 un Airbus A330 di un operatore charter canadese planò fino ad atterrare nelle Azzorre, dopo che i motori si erano fermati per un problema di carburante.
Il capitano fu premiato per la freddezza con cui aveva reagito, anche se si scoprì che era stato in prigione per aver pilotato aerei che trasportavano droga negli Stati Uniti.
A farmi tornare in mente questi episodi è stato un rapporto del ministero dei trasporti statunitense. L’anno scorso gli aerei della Continental Airlines provenienti da Londra e da Barcellona, che dovevano atterrare all’aeroporto newyorchese di Newark, hanno dichiarato di avere il “carburante al minimo” rispettivamente 96 e 23 volte.
Per fortuna non è successo niente. Nel 1990, però, un aereo dell’Avianca colombiana diretto a New York finì davvero il carburante. Nello schianto morirono 73 persone. L’esperienza più incredibile è quella di un 747 della British Airways, che nel 1983 si infilò nella nuvola di cenere di un vulcano sull’isola di Java. Tutti e quattro i motori si fermarono, ma il pilota riuscì a planare e a fare un atterraggio di fortuna a Jakarta.
Internazionale, numero 762, 18 settembre 2008
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