Madonna ha salvato i Brit awards dalla noia
Sono andata ai Brit awards, cari lettori, per portarvi le ultime notizie dal mondo del pop, con l’intenzione di osservare in modo neutrale e distaccato. A differenza di Morrissey – che recentemente si è lamentato che “i Brit awards si sono impadroniti della musica moderna per sterminare l’eredità che ha prodotto tanti personaggi interessanti” – o dei Kasabian, che hanno mugugnato che una vittoria di Ed Sheeran sarebbe stata una vittoria della normalità, non sono venuta a seppellire i Brits, ma a guardarli con nostalgica curiosità. Tornavo a un evento che in passato mi aveva annoiato a morte e divertito selvaggiamente, per vedere cos’era successo durante la mia insignificante assenza.
L’ultima volta che sono venuta qui è stato nel 1996, l’anno di Jarvis Cocker, quando Missing, un pezzo del mio gruppo, era in corsa nella categoria Miglior singolo. L’anno prima, il 1995, all’apice della guerra tra Blur e Oasis, ero seduta accanto ai Massive Attack, il cui Protection era tra i nominati per il Miglior album. Quella volta si era esibita Madonna. Aveva appena registrato con loro ed era la prima volta che sentivo qualcuno chiamarla “Madge”. Suppongo che a inventarselo fossero stati proprio Nellee, 3D, Mushroom e Daddy G, che in fatto di soprannomi non sono certo gli ultimi arrivati. Dopo la premiazione eravamo andati al suo party privato da Brown’s a Soho, nel cui privé c’era un altro privé, dove un nastro di velluto delimitava l’area riservata a Madonna in persona e a un ristretto numero di eletti.
Ed eccomi qua di nuovo, vent’anni dopo, in un evento che è più grande, più pacchiano e più simile a uno spettacolo televisivo che a una vera premiazione. Ma cos’altro è cambiato? Non certo i vincitori, che sono prevedibili come sempre, scelti con un sistema di voto a proposito del quale tutti restano opportunamente sul vago. Bé, è più o meno chiunque in quella categoria ha venduto di più, o è il migliore – guarda, non perdiamoci in dettagli. Come i vecchi leader del Partito conservatore, i vincitori emergono. Non ci sono sorprese.
Quello che è davvero cambiato è l’atmosfera della sala, che in parte riflette l’atmosfera della musica pop, e credo che dipenda dal fatto che non ci sono più gruppi. Quella che prima sembrava una mensa scolastica piena di bande rivali, con fazioni in guerra che si lanciavano insulti e sguardi feroci, sempre sul punto di tirarsi addosso pezzi di cibo, ora è una sala da pranzo civile, dove tutti i concorrenti e i loro fan sono individui dai molti selfie e dai molti like. Solisti, isole. Non sono seduti accanto ai loro compari e complici, ma ai loro manager e sponsor, e sono tutti in buoni rapporti con i loro simili ai tavoli vicini.
C’è meno cameratismo e meno rivalità, ed è l’assenza di questi due elementi a rendere noioso il clima.
Il cameratismo dei gruppi è contagioso ed elettrizza il pubblico – ti fa venire voglia di farne parte, che si tratti dei Rolling Stones o delle Spice Girls, dei Libertines o degli One Direction – e la rivalità accanita è divertente. I Blur e gli Oasis erano stupidi ma spassosi. Ora l’ammirazione e il rispetto sono all’ordine del giorno. Sam vuole bene a James, Ed vuole bene a Sam, e tutti sono grandi amici di Taylor.
In breve, non succede niente. Quasi niente. Con la mia faccia da mamma indosso penso che vedere Paloma Faith reggere un microfono sotto la pioggia è un incubo per la salute e la sicurezza, ma poi accade che l’incidente in agguato è quello che nessuno aveva previsto, in cui partecipano delle scale, un mantello e un ballerino vestito da toro. Madonna capitombola, dando alla serata l’agognato fattore attualità. Seduta a pochi metri dal palco la vedo andar giù e sento lo schianto, e la cosa più scioccante è il tonfo sordo del microfono contro il pavimento. Cavolo, penso, quel microfono era davvero acceso. Non è una cosa scontata di questi tempi.
La cosa notevole, che conferma tutto quello che ho sempre pensato a proposito della volontà di potenza delle star, è il suo pronto recupero. Siete mai caduti di schiena? A me è capitato una volta, sull’impiantito scivoloso della porta di casa mia, e ho sbattuto e mi sono fatta male proprio come sarebbe successo a voi, e ho pianto lacrime di autocommiserazione. Ed è per questo che non sono una superstar globale con vari decenni di carriera alle spalle, e neanche voi.
(Traduzione di Gabriele Crescente)