Sopravvivere alle domande sui figli gemelli
Quando le mie figlie erano piccole, a volte mi sentivo chiedere: “Com’è avere due gemelle?”. Immaginando che dall’altra parte ci fosse un interesse sincero, mi lanciavo nella descrizione delle acrobazie a cui ero costretta per fare il bagnetto, la spesa o salire le scale senza incidenti. A quel punto, spesso il mio interlocutore si distraeva o m’interrompeva facendo altre domande, e mi rendevo conto che quello che intendeva dire veramente era: “Com’è avere dei gemelli? Scommetto che è bizzarro e inquietante”.
Anche le mie figlie hanno avuto esperienze simili ogni volta che incontravano persone nuove. Quando dici di essere un gemello o un genitore di gemelli, spunta sempre fuori qualcuno che si dichiara “affascinato” dall’argomento. “Le tue gemelle hanno percezioni extrasensoriali?”, mi chiedono. “No”, rispondo io, “perché non credo che esistano. Lei invece sì?”. “Ognuna di loro ‘sente’ quando l’altra soffre o è malata?”. “No, mi dispiace”, dico io, un po’ meno educatamente. Oppure, “Parlavano una lingua tutta loro, quando erano piccole?”.
Questa in particolare è una domanda ricorrente, e chi la fa è convinto di sapere quello che dice. Magari ha letto qualcosa da qualche parte o ha visto un documentario in tv, e resta deluso quando rispondo che è una cosa piuttosto rara e che il più delle volte si tratta di un fenomeno di semplice imitazione dei primi balbettii.
Inevitabilmente, i gemelli passano meno tempo da soli – cioè separatamente – con gli adulti. E questo contribuisce allo sviluppo di quel legame e di quell’empatia spesso scambiati per telepatia, e del cosiddetto twin-talk (o criptofasia), che qualcuno arriva a considerare una specie di lingua segreta tra gemelli. Ricordo di aver dovuto faticare, quando le mie gemelle erano piccole, per massimizzare l’attenzione individuale ed evitare questo tipo di ritardo nell’apprendimento del linguaggio.
A me sembra che buona parte di quella che passa per stranezza innata dei gemelli in realtà sia il risultato di una qualche forma di debolezza (vestirli uguali, per esempio) o di negligenza (difficile da evitare se hai due o più figli a cui badare) dei genitori. Di qui la mia insofferenza per chi è così affascinato dalla natura misteriosa del legame tra gemelli. Per non parlare del supplemento domenicale a colori con la solita galleria di gemelli strani, vestiti strani, che ricorda tanto l’esibizione dei fenomeni da baraccone nei circhi. I genitori attenti devono trattare ogni gemello come un individuo, e lo stesso devono fare i suoi migliori amici.
Il “mistero” dei gemelli non mi ha mai appassionato: averne due mi ha costretto a preferire il pragmatismo al misticismo. Il libro di Gina Ford Il bambino soddisfatto, con i suoi consigli su orari e routine, faceva inorridire alcuni, ma è stato la mia salvezza: mi ha indicato una via per la sopravvivenza. Se avete sperimentato metodi come l’allattamento a richiesta o l’attachment parenting (attaccamento parentale) non scrivetemi per raccontarmelo. Personalmente, pensavo che mi avrebbero ucciso, e così sono andata avanti a modo mio. Avevo l’impressione che la salute mentale di un genitore dipendesse dal “knowing what I can stand/without them sending a van” (sapere quello che posso sopportare/senza farmi ricoverare), per citare Philip Larkin fuori contesto.
Io credo che tutti i genitori di gemelli imparino questa lezione. Mia zia Sheila aveva due gemelli e quando mia madre le diceva preoccupata: “Chissà quanto hai da stirare!”, lei rispondeva: “Oh, io non ho un ferro da stiro”. Una volta mi sono lamentata con mia suocera, che aveva avuto tre gemelli, di quanto fosse difficile mettere a letto contemporaneamente le due bambine per il riposino pomeridiano. E le ho chiesto: “Ma tu come facevi con tre?”. Lei mi ha guardato un po’ meravigliata. “Be’”, ha risposto, “quando era l’ora del riposino li mettevo nelle loro culle e chiudevo la porta a chiave finché l’ora del riposino non era finita”.
Provavo una certa invidia per la disinvoltura di un tempo. Oggi è stata sostituita da un approccio più masochistico, che richiede un’attenzione costante e immediata da parte dei genitori, impossibile da sostenere se stai dando da mangiare a un gemello mentre con un piede culli l’altro sul passeggino. E in momenti come quelli impari che le persone che ami di più sono quelle che non si perdono in chiacchiere, ma prendono in braccio un bambino e mettono il bricco sul fuoco.
(Traduzione di Diana Corsini)