La biografia di Mike Nichols aiuta a sfidare questo tempo di guerra
Nelle ultime tre settimane circa ho ascoltato l’audiolibro di Mark Harris Mike Nichols: a life. Mi ci sono volute tre settimane perché l’audiolibro dura 20 ore, il che potrà sembrare molto tempo, ma in realtà è a malapena sufficiente a contenere tutta l’azione e gli imprevisti che Nichols ha affrontato nella sua vita.
La storia di come è passato dalla commedia dell’improvvisazione al teatro e poi alla regia cinematografica mi ha accompagnato nella vita quotidiana di queste settimane, diventandone una sorta di colonna sonora motivatrice: “Guarda, renditi conto di quanto potresti realizzare in una sola vita se solo ti ci dedicassi”.
Così, una gelida mattina, me ne andavo verso la brughiera con il sole che scintillava rifrangendosi sui fili d’erba resi rigidi come lame dal ghiaccio e intanto ascoltavo di Mike – che a quell’epoca si chiamava ancora Mikhail – che a soli sette anni lasciò Berlino e andò a New York per sfuggire ai nazisti, con suo fratello Robert, di soli tre anni, come unica compagnia. Aveva perso tutti i capelli in seguito a una reazione allergica e quando arrivò negli Stati Uniti non sapeva dire nemmeno una parola in inglese, ma fu subito chiaro che niente di tutto ciò lo avrebbe fermato.
La chiamata del cinema
Mentre sedevo sul treno per Newbury, fissando i campi fuori dal finestrino, resi indistinti dalla pioggia, il giovane Nichols faceva squadra con Elaine May e insieme i due davano vita alla commedia satirica moderna. Sono andata a caccia di foto di loro spettacoli e sono rimasta stupefatta dalla loro sagacia e abilità comica mentre impersonavano una coppia che si bacia passandosi da una mano all’altra una sigaretta accesa facendole fare il giro dietro le loro schiene.
La sera dopo ero ai fornelli a preparare un risotto, usando la cassetta del pane come sostegno per il cellulare, e intanto sentivo di quando Nichols ha cominciato a dirigere spettacoli teatrali collaborando con Neil Simon e collezionando un successo dopo l’altro a Broadway e tanti Tony award da riempirci la mensola del caminetto. Poi c’è stata la chiamata da parte del cinema e così si è fatto strada in quel mondo come regista di Chi ha paura di Virginia Woolf?, un film che ha scioccato il pubblico e vinto vari Oscar: un sogno che diventa realtà, non trovate? Ma con il film successivo, Il laureato, Nichols ha creato il modello delle moderne colonne sonore pop usando le canzoni di Simon e Garfunkel per mettere in risalto le scene come nessuno aveva mai fatto prima.
Ero quasi alla fine del libro quando sul mio cellulare è apparsa la notifica con le ultime notizie. Immaginerete tutti di cosa si trattava
Una mattina pioveva a dirotto e ho indossato apposta abiti impermeabili per andare a piedi in ufficio – una camminata di un’ora attraverso le strade piene d’acqua di Kilburn – con la vita di Nichols che scorreva come un fiume in piena nelle mie cuffie. A quel punto della sua storia si era già sposato un paio di volte, la seconda con Margot Callas, che era stata la musa ispiratrice del poeta Robert Graves per la stesura di La dea bianca. Il matrimonio non è durato molto, ma Nichols non è rimasto solo a lungo: trascorreva le sue serate frequentando varie donne, tra cui Gloria Steinem.
Ho continuato ad ascoltare mentre camminavo verso i negozi e ho percepito come gli eventi cominciavano a susseguirsi vorticosamente. Nello spazio di poche pagine, Nichols ha scoperto il crack, ha avuto un infarto cardiaco, è diventato dipendente dai sonniferi, ha avuto un esaurimento nervoso durante il quale ha chiesto 25 milioni di dollari in prestito a un amico, è andato in riabilitazione, ne è uscito ed è tornato di nuovo a girare film.
Dopo una breve pausa per riprendersi, si è sposato nuovamente. Con la sua quarta moglie finalmente sembrava aver trovato la felicità – evviva – , ma nemmeno la felicità sentimentale l’ha rallentato: ha continuato con film e opere teatrali, cene e vita mondana fino al suo ultimissimo minuto, quando è improvvisamente morto dopo aver trascorso una piacevole serata fuori.
Ero quasi alla fine del libro quando sul mio cellulare è apparsa la notifica con le ultime notizie. Immaginerete tutti di cosa si trattava, del momento in cui, ancora una volta, gli eventi mondiali volgevano al peggio: l’Ucraina era stata invasa.
E non so bene perché io abbia scritto questo pezzo su Nichols, la cui vita magari non vi interesserà affatto. Non ho molto da dire al riguardo, al di là del fatto che come molti di voi al momento non riesco a dedicare la mia attenzione ad altro che non sia la guerra; su quell’argomento però non sono in grado di dare nessun particolare approfondimento né di fornire nuovi dati, quindi vi offro una breve distrazione.
Nell’ultimo periodo della sua vita Nichols era ossessionato dal pensiero di essere stato a un passo dal venire ucciso dai nazisti. E forse ha fuso insieme tutto il suo lavoro, l’amore, il piacere e gli alti e bassi della sua vita, come in una specie di… atto di sfida? Voglio vederla così. Una bella vita, e un gigantesco “vai al diavolo!” a tutti i bastardi assassini, di allora e di ora.
(Traduzione di Mariachiara Benini)