Il 16 giugno Angel Gurría, segretario generale dell’Ocse, ha presentato a Città del Messico l’anteprima dell’indagine Talis, Teaching and Learning International Survey, fatta con l’Iea, International Association for the Evaluation of Educational Achievement, e Statistics Canada.
Il Messico è segnato dall’8 per cento di analfabetismo adulto primario, più alto che in altri grandi paesi ispanoamericani, e da basse quote di iscritti alla secondaria e all’università. Ma grande più che altrove è lo sforzo per migliorare l’istruzione, grazie all’impegno dell’Alianza por la calidad educativa e a un investimento del 5,5 per cento del pil. Di qui la scelta della sede del lancio mondiale di Talis.
Attraverso un questionario su un campione di 90mila tra i due milioni di insegnanti del primo ciclo di secondaria di 24 paesi, l’indagine mette a fuoco la condizione degli insegnanti e la loro autopercezione. Bisognerà parlare più volte dei molti risultati. Agli insegnanti appaiono fattori negativi i carichi burocratici (che arrivano a rubare il 30 per cento del tempo al far lezione), il “disruptive behavior” di studenti e, in un terzo delle scuole, la mancanza di un qualificato staff di colleghi.
Decisive per una buona didattica appaiono invece, più che seminari e conferenze, le informazioni attinte informalmente da colleghi e soprattutto, anche se non hanno effetti su retribuzioni e carriera, le valutazioni positive informali o quelle formali di agenzie esterne. Ne lamenta l’assenza il 13 per cento dell’intero campione, che sale al 25 in Irlanda e Portogallo e al 50 in Spagna e Italia.
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