Il governo britannico ha varato un bilancio che contrae severamente la spesa pubblica. Anche l’istruzione è colpita, pur se molto meno di altri settori.

Questo rende particolarmente interessante la decisione, annunciata dal ministro dell’istruzione Michael Gove, di dar corso a un impegno elettorale di Nick Clegg e dell’ala liberale del governo: istituire un pupil premium per sostenere la scolarità degli alunni di famiglie più povere e finanziarlo per 2,5 miliardi di sterline, cifra rilevante su un pil di 1.290 miliardi.

All’inizio l’annuncio era poco chiaro e, incalzato dal ministro ombra laburista Andy Burnham, Gove ha ammesso che la cifra non è aggiuntiva, ma interna agli stanziamenti per l’istruzione (5,6 per cento del pil nel 2009). La scelta resta comunque significativa.

Da un capo all’altro del mondo la mancata frequenza scolastica è avvertita come un problema di equità, di funzionalità sostanziale della democrazia e, infine, di economia. I costi dell’ignoranza e della marginalità sociale superano le spese di investimento in istruzione. Conservatori come Sarkozy o Angela Merkel lo sanno, nel mondo e in Europa, non meno dei progressisti, e cercano di agire di conseguenza, come qui abbiamo ricordato spesso.

Del resto mostrò di saperlo anche Margaret Thatcher quando, pur contraendo gli investimenti indifferenziati per le università, potenziò tuttavia gli investimenti per la scuola preelementare ed elementare dove, diceva, si decide il destino sociale delle persone.

Internazionale, numero 871, 5 novembre 2010

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