E se un giorno il federalismo servisse anche in Italia a produrre periodicamente un serio rapporto nazionale sullo stato dell’educazione?
A vero dire, e non per caso nella prospettiva di una seria autonomia scolastica di regioni e istituti, l’esigenza maturò già ai tempi della legge Berlinguer del 1999: dal 2001 ogni anno il governo avrebbe dovuto riferire sulla materia al parlamento. Ma la norma fu prima disattesa e poi abrogata.
Da allora all’esigenza si sforzano di rispondere sparsamente fondazioni private (Agnelli, Treellle), la Uil, la Cei, singoli studiosi. Non così in altri paesi europei. Il Centro svizzero di coordinamento della ricerca educativa ha preso a pubblicare ogni quattro anni un rapporto sullo stato dell’educazione nel paese. E, dopo una prima esperienza di anni fa, in Germania con cadenza biennale apparirà (su carta e in rete) il rapporto Bildung in Deutschland redatto da un gruppo di economisti, pedagogisti, demografi, storici, istituti universitari dei vari länder.
Il rischio in questi rapporti è oscillare tra due estremi: offrire sintesi chiare, ma generiche e di dubbia oggettività, oppure sommergere di dati chi legge. Meglio dell’annuale Education at a glance dell’Ocse e forse meglio dello svizzero, il rapporto tedesco del 2010 permette di vedere l’insieme ed esplorare, anche con occhio storico, ogni faccia di quel complicato poliedro che è il sistema educativo d’un paese.
Internazionale, numero 884, 11 febbraio 2011
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