Qual è il livello di preparazione dei laureati italiani? Fino a qualche mese fa dall’Istat e da Almalaurea di Andrea Cammelli avevamo dati importanti, ma solo quantitativi.
Nel confronto internazionale i laureati italiani sono pochi, 15 per cento sul totale della popolazione (la media Ocse è 38), 21 nella fascia giovane. I laureati stanno comunque meglio dei non laureati per occupazione e retribuzioni. Ma la selezione sociale è spropositata. Trionfa tra loro “Pierino del dottore”, come diceva don Lorenzo Milani. Per la qualità invece avevamo solo domande. L’università italiana non brilla. Però, costretti a emigrare, i laureati italiani si affermano rapidamente all’estero. Come mai?
In ottobre il programma Piaac dell’Ocse ha dato qualche indicazione, ma non positiva. I laureati italiani hanno capacità di base (comprensione di testi, ragionamento matematico e scientifico) inferiori a quelle dei diplomati giapponesi e coreani. Ora il programma pilota Teco sulle competenze di base dei laureandi di dodici università italiane, tra molti dati rilevanti (reperibili nel sito
anvur.org), offre qualche lume.
Fiorella Kostoris (che ha diretto il programma) e Doris Zahnier del Council for aid to education (Stati Uniti) hanno mostrato che i laureandi italiani, pur nettamente inferiori ai coreani, hanno un livello simile agli statunitensi e superiore agli studenti di altri paesi europei. E nei loro risultati conta il livello di istruzione della madre, più che del padre.
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