La Commissione europea ha pubblicato il 14 novembre la terza edizione del rapporto Education and training monitor, accompagnato da quadri per ciascuno dei ventotto paesi dell’Unione e da tabelle e grafici che dovrebbero favorire lettura e comprensione a colpo d’occhio anche per i più distratti.
Rispetto agli altri ormai numerosi raffronti comparativi sui sistemi d’istruzione questo si caratterizza, oltre che per la chiarezza e per l’aggiornamento tempestivo di dati, anche per la sua rilevanza ufficiale. Attraverso le sue osservazioni e raccomandazioni ascoltiamo la voce di chi, delegato dai ventotto governi e stati, dovrebbe governare l’Europa sulla via di processi unitari.
Avremo occasione di tornare su molti dati che il Monitor offre. Ma si impongono all’attenzione anzitutto la serie di key findings con cui il rapporto si apre e tra questi specialmente i primi. “Non possiamo aspettarci un forte sviluppo dell’istruzione senza risorse sufficienti e senza riforme che assicurino la reale utilizzazione degli investimenti. Finora diciannove tra gli stati membri nel 2012 hanno tagliato le loro spese per l’istruzione.
Rispetto al 2008 sei paesi hanno diminuito la loro spesa in tutti i livelli di istruzione: Belgio, Grecia, Italia, Lettonia, Portogallo, Romania. Il disinvestimento in capitale umano rischia di minare le prospettive di una crescita sostenibile e inclusiva per l’Europa”. Da queste affermazioni la Commissione e i singoli stati sapranno trarre le necessarie conseguenze?
Questo articolo è stato pubblicato il 20 novembre 2014 a pagina 100 di Internazionale, con il titolo “Prediche inutili? ”. Compra questo numero | Abbonati
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