Alla fine degli anni settanta la stampa ufficiale cubana riservava a Jimmy Carter gli stessi epiteti negativi affibbiati ai suoi predecessori. E nelle scuole noi bambini imparavamo a gridare slogan antimperialistici pensando ai suoi occhi azzurri. Il Granma si prendeva gioco delle sue origini di venditore di noccioline, chiamandolo el manisero.

Dopo il suo mandato presidenziale Carter ha fondato il centro che porta il suo nome, si è concentrato sul suo lavoro di mediatore e ha vinto il premio Nobel per la pace. Con una svolta senza precedenti, sui giornali è diventato “il signor Carter” e in occasione della sua visita a Cuba nel 2002 è stato presentato come un amico personale del líder máximo.

Il 28 marzo Carter è tornato sull’isola. Ha parlato con Raúl Castro e con il ministro degli esteri, e ha incontrato diverse voci della società civile cubana. Vari dissidenti e blogger alternativi (c’ero anch’io) gli hanno regalato alcuni prodotti popolari fatti a base di noccioline. “È l’unico settore che non è mai caduto nelle mani dello stato”, gli abbiamo detto. Il suo aereo è decollato.

L’isola sembrava identica a quella che aveva trovato al suo arrivo 72 ore prima, ma c’era stato un piccolo, minuscolo cambiamento. Impercettibile come una nocciolina e profondamente urbano come quei cartocci pieni di noccioline salate che in questo momento qualcuno sta vendendo per la strada.

*Traduzione di Sara Bani.

Internazionale, numero 892, 8 aprile 2011*

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