Questo articolo è stato pubblicato il 30 settembre 2011 nel numero 917 di Internazionale.

I sistemi elettorali normali sono fatti in modo tale che ci sia un solo presidente, mentre chiunque può essere elettore. Il sistema russo prevede esattamente il contrario: l’elettore è uno solo, Vladimir Putin e, a seconda della convenienza, chiunque può fare il presidente. Al congresso di Russia unita, il partito al potere, Putin si è tenuto sul vago. Ma tramite la bocca della sua appendice tecnica, conosciuta con il nome di Dmitrij Medvedev, l’ex presidente e attuale primo ministro della Federazione Russa si è ricandidato alla presidenza. “Desidero esprimervi la mia gratitudine per la reazione positiva alla proposta di Medvedev di candidarmi alla presidenza”, ha dichiarato Putin. Parole che tradotte significano: “Non me ne frega niente di voi e delle vostre elezioni”.

Il tandem Putin-Medvedev, quindi, esiste ancora. Solo che Putin si è ripreso il suo posto: è lui la vera testa della coppia. La situazione di Medvedev, a conti fatti, non è cambiata. Non è mai stato davvero il presidente della Russia e continuerà a non esserlo. Il ministro delle finanze Aleksej Kudrin, che sembrava poter ambire al posto di primo ministro, è stato silurato dopo aver dichiarato che non avrebbe mai collaborato con un governo guidato da Medvedev. Forse sperava che Putin lo nominasse capo della banca centrale russa. Inoltre, vale la pena di sottolineare la finezza con cui Putin ha scaricato su Medvedev quella zavorra politica che è oggi Russia unita, il “partito dei farabutti e dei ladri”. Il futuro presidente ha capito che sarebbe stato un suicidio trascinarselo dietro. Così, considerato anche che il suo gradimento personale è doppio di quello del partito, ha deciso di scaricare il fardello sulle spalle di Medvedev.

I progetti di Medvedev
La cosa più sorprendente non è il fatto che tutto questo sia successo, ma che sia successo prima delle elezioni politiche del 4 dicembre. Evidentemente la tensione ai vertici aveva raggiunto livelli di guardia. Così si è deciso di intervenire. Ed è chiaro che la divisione dei poteri che si profila è più favorevole al futuro presidente: i compiti ingrati saranno affidati a Medvedev, mentre Putin si aggiudicherà il potere reale oltre a un numero illimitato di ore di riposo nelle numerose residenze ufficiali e no.

Finora tra i due c’è stato un equilibrio ideale: Medvedev parlava di modernizzazione di fronte alle mungitrici e agli investitori, mentre Putin si dedicava allo sport nella dacia di Soci. In un simile contesto l’unica fonte di tensioni era Medvedev stesso, che spesso si risentiva per il timore di essere considerato non un uomo ma la stringa delle scarpe da tennis del sovrano. Ha dovuto mettercela tutta per dimostrare di non essere solo una stringa, ma di essere anche in grado di venire allacciato ogni volta che ce ne fosse bisogno. Questo equilibrio poteva resistere per non più di un mandato presidenziale. In caso di un secondo mandato c’era il rischio che Medvedev si convincesse di poter fare davvero il presidente. A giudicare da quello che è successo, Medvedev aveva così tanta voglia di essere riconfermato che Putin ha deciso di fare chiarezza prima del previsto. Questa decisione non avrà conseguenze sul piano internazionale. Infischiandosene delle timide prese di posizione degli europei, secondo cui la ricandidatura di Medvedev sarebbe stata un segnale positivo, Putin ha fatto capire che considerazione ha dei suoi partner europei: sono delle puttane, sua altezza.

L’unico problema è che il paese che Putin tornerà a guidare dal prossimo marzo è molto diverso da quello di cui ha preso le redini nel 1999. I soldi per pagare le pensioni non bastano più e, se il prezzo del petrolio scende sotto i 120 dollari al barile, il bilancio dello stato rischia di andare in crisi. I ricchi sono tartassati dalla corruzione nei loro uffici, mentre i poveri vengono schiacciati dalle Mercedes dei potenti direttamente per strada. Tutti i grandiosi progetti infrastrutturali del governo si sono rivelati giganti dai piedi di argilla. L’unico vero piano strategico che il Cremlino sembra voler rea-lizzare seriamente è il progetto “Putin forever”. Se si tratti di un programma davvero realizzabile, in un paese che non sembra in grado di portare a termine nessun progetto concreto, lo sapremo tra sei anni.

(Traduzione di Andrea Ferrario)

Questo articolo è stato pubblicato il 30 settembre 2011 nel numero 917 di Internazionale.

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