La battaglia di Tikrit
Negli ultimi giorni si sono intensificati i combattimenti intorno a Tikrit, 140 chilometri a nordovest di Baghdad. Le forze armate irachene, le milizie di volontari sciiti e i combattenti dei gruppi tribali sunniti stanno avanzando da tre direzioni, su entrambe le rive del fiume Tigri. Secondo un portavoce dell’esercito, finora non ci sono ancora stati scontri diretti con i jihadisti del gruppo Stato islamico. Tuttavia l’organizzazione ha disposto dei cecchini, delle mine e delle autobomba per fermare i progressi dell’esercito iracheno.
Perché il governo iracheno ha scelto di cominciare da Tikrit la sua grande guerra contro i jihadisti?
Probabilmente per l’importanza simbolica della città, dove nacque l’ex presidente Saddam Hussein. Molti iracheni, tra cui sciiti e curdi, vedono in questa città l’origine delle violenze che hanno segnato il paese. Alcuni gruppi tribali di Tikrit sono accusati di aver collaborato con lo Stato islamico nel massacro di 1.700 soldati iracheni che si erano arresi a Camp Speicher, nel giugno dell’anno scorso. L’attacco a Tikrit sarà dunque una vendetta? Un comandante delle milizie sciite ha fatto cenno a questa possibilità.
D’altro canto, il più importante leader religioso sciita, Ali al Sistani, ha chiesto ai combattenti di fare tutto il possibile per salvaguardare le vite e le proprietà dei civili e di evitare qualunque tipo di rappresaglia.
Il primo ministro Haider al Abadi ha concesso l’amnistia ai combattenti tribali sunniti che hanno combattuto a fianco del gruppo Stato islamico negli ultimi mesi, in modo da attirarli dalla sua parte nella lotta contro i jihadisti. Al Abadi ha dichiarato: “Non ci dobbiamo vendicare. Il nostro dovere è salvare gli abitanti di Tikrit dalla violenza dello Stato islamico, che ha già usato i civili come scudi umani”. I cittadini di Tikrit quindi si troveranno presto tra due fuochi: la violenza jihadista e i bombardamenti dell’esercito. Ventottomila persone sono già scappate dalla città in direzione di Samarra.
Le autorità promettono che la città sarà liberata in pochi giorni. Ma prima che la vita torni alla normalità passerà molto più tempo.
(Traduzione di Francesca Sibani)