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Dopo la sconfitta dello Stato islamico l’Iraq dovrà decidere il suo futuro

Soldati delle forze di sicurezza irachene trasportano un soldato ferito durante i combattimenti contro i jihadisti del gruppo Stato islamico, a Fallujah, il 15 giugno 2016. (Anmar Khalil, Ap/Ansa)

L’esercito iracheno ha appena riconquistato Falluja e l’offensiva su Mosul è alle porte. Ma intanto, è cominciato il dibattito sul futuro dello stato iracheno. Tutte le forze politiche sanno che l’Iraq non potrà mai tornare quello di prima. Qualcosa di simile al gruppo Stato islamico (Is) si svilupperebbe subito in città come Mosul, Ramadi, Tikrit e Falluja se il governo sciita tentasse di ristabilire la sua autorità con la forza dell’esercito e delle milizie.

Alcuni sciiti vedono la riconquista di Falluja come una vendetta: il quotidiano ufficiale Al Sabah ha scritto che non si tratta di una liberazione dall’Is, e il giornalista Ahmed Abdul Sada ha affermato che dopo tre ribellioni è ora di costringere Falluja a obbedire.

I curdi hanno aperto il capitolo del futuro assetto dell’Iraq in modo inequivocabile. Masrour Barzani, figlio del presidente del governo regionale del Kurdistan Massoud, ha ribadito la sua idea di una partizione in tre entità autonome, una sciita, una sunnita e una curda. Lo stesso Masrour non è mai stato a Baghdad da quando comanda le forze di sicurezza del Kurdistan, e ha in mente un Kurdistan indipendente dal governo iracheno.

La regione sunnita di Mosul dista appena un’ora di strada dal capoluogo del Kurdistan. Tra gli abitanti c’è molta diffidenza nei confronti delle milizie sciite e dell’influenza dell’Iran su di esse. Molti sunniti vorrebbero un’autonomia simile a quella dei curdi, se il sostegno diplomatico dei paesi sunniti come l’Arabia Saudita lo consentirà.

Tra i sostenitori dell’autonomia e quelli del governo centralizzato, c’è chi teme che il futuro dell’Iraq quando non ci sarà più lo Stato islamico potrebbe essere ancora più difficile.

(Traduzione di Gabriele Crescente)

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