L’Iraq nelle mani dei gruppi armati
Numerosi episodi criminali hanno scosso Baghdad negli ultimi giorni. Il direttore del club dell’aviazione militare irachena, il colonnello Bashir al Hamdani, è stato trovato morto con tre pallottole in testa nella sua abitazione, nel quartiere di Al Mansour, nella parte ovest di Baghdad. Accanto a lui si trovavano i corpi di sua moglie, di due figli e di una figlia.
Il secondo crimine è il rapimento in pieno giorno del capo del dipartimento di chirurgia dell’ospedale Al Shu’la, Mohammed Ali Zayyer, nella parte est di Baghdad. L’uomo è stato liberato l’indomani, bendato e con le mani legate, senza alcuna spiegazione che chiarisse come e perché fosse stato sequestrato, né il responsabile.
Un altro medico, Salim Hamza, si trovava nel suo studio quando è stato attaccato e accoltellato cinque volte all’addome. Alcuni suoi vicini hanno bloccato l’attentatore consegnandolo alle forze armate, che però lo hanno liberato più tardi.
I gruppi criminali operano con il sostegno delle autorità come uno stato ombra
A oggi il governo non ha chiarito chi siano i responsabili dell’impennata del crimine a Baghdad e in altre città irachene. Questi crimini sono aumentati con il crescere delle milizie, che oggi contano tra i 60mila e i 140mila uomini, distribuiti in oltre cinquanta formazioni diverse. Molto numerosi e pesantemente armati, rappresentano una minaccia per lo stato, soprattutto nel futuro prossimo, dopo la sconfitta totale del gruppo Stato islamico (Is) nella parte orientale dell’Iraq.
Secondo il vicecapo del comitato di sicurezza a Baghdad, Mohammed al Rubaie, i gruppi criminali organizzati operano con il sostegno delle autorità come uno stato ombra. Possiedono i loro campi d’addestramento e delle basi militari all’interno di Baghdad, pur non avendo ricevuto un’autorizzazione dal governo. A metà luglio si sono verificati alcuni gravi scontri nelle vicinanze di queste basi, nella parte sud di Baghdad, tra una delle milizie e alcuni agenti della polizia. Alla fine la milizia è riuscita a liberare con la forza alcuni suoi uomini che erano stati arrestati.
Sui muri di decine di case sono spuntate le parole “ricercato per vendetta”. Si tratta dell’ennesimo segno dell’assenza dello stato e del rafforzamento delle milizie e dei gruppi tribali nelle città.
Anche il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, nel suo rapporto al Consiglio di sicurezza, ha parlato della diffusione di gruppi armati che il governo non riesce a tenere a freno. Si tratta di un’enorme sfida per il primo ministro Haider al Abadi dopo la sconfitta dell’Is a Mosul. Il problema è che le milizie sciite che dovrebbero essere alleate del governo appaiono fuori controllo e sono sostenute dall’Iran. Al di là del loro ruolo militare, si preparano quindi a giocare un ruolo politico nelle prossime elezioni.
(Traduzione di Federico Ferrone)