A tre mesi circa dalle elezioni legislative fissate per il 12 maggio 2018 la mappa politica irachena è piena di sorprese. Finora si sono registrati 206 partiti, di cui 73 sciiti, 53 sunniti, 13 curdi, 9 cristiani, 7 turcmeni e 42 laici e comunisti.
Le tradizionali coalizioni politiche irachene (sciiti, sunniti, curdi e cristiani) si sono frantumate e ricomposte in modo completamente diverso. La coalizione sciita, che ha la maggioranza in parlamento, è stata la più colpita dopo che il 15 gennaio il movimento guidato dal religioso Muqtada al Sadr ha ritirato il suo sostegno in disaccordo sulle alleanze per il voto. Il partito che guida la coalizione (Al Dawa) è diviso tra due primi ministri. Quello attuale, Haider al Abadi, e il suo predecessore, Nouri al Maliki, hanno creato due formazioni differenti. I partiti religiosi si sono schierati in gran parte con Al Abadi. Il partito comunista e piccoli gruppi di tecnocrati stanno formando una nuova coalizione e a sorpresa hanno ricevuto il sostegno di Muqtada al Sadr.
Per la prima volta nelle cinque elezioni che si sono tenute dal 2003, i curdi si presentano al voto divisi e non come una coalizione unica. Uno dei due principali partiti curdi, l’Unione patriottica del Kurdistan, si è diviso in tre parti dopo la morte, nell’ottobre del 2017, del suo leader storico ed ex presidente dell’Iraq Jalal Talabani. Gli iracheni guardano con sospetto questi cambiamenti nella mappa politica del paese e molti ritengono che gli stessi vecchi partiti corrotti stiano solo cercando un modo per rinnovare la loro immagine e restare così al potere.
(Traduzione di Francesca Gnetti)
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