I morti e i feriti non frenano le proteste in Iraq
Piazza Tahrir a Baghdad appare quasi totalmente vuota a una settimana dall’esplosione delle proteste scoppiate il 1 ottobre nella capitale e in altre città. Le forze di sicurezza hanno circondato la piazza e bloccato i ponti per imporre il coprifuoco.
La televisione di stato Al Iraqiya ha mostrato le immagini dei ponti e delle strade principali deserte. Pietre, copertoni in fiamme e macchie di sangue erano ancora lì a dimostrare l’estrema violenza usata dalla polizia antisommossa sui manifestanti, contro i quali sono stati esplosi colpi di arma da fuoco, granate assordanti e idranti pieni di acqua bollente.
Più di cento persone sono state uccise e almeno seimila sono rimaste ferite (tra cui 50 poliziotti) nel corso degli scontri a Baghdad e nelle città sciite del sud.
Come hanno sottolineato parecchi analisti intervenendo alla tv di stato, si tratta di un punto di svolta dopo il 2003. Quelle attuali infatti sono proteste diverse, completamente spontanee, senza organizzatori o leader politici. I manifestanti sono per lo più giovani uomini, tra i 19 e i 30 anni, molti di loro disoccupati, ed esprimono rivendicazioni diverse, ma in generale protestano contro i fallimenti e la corruzione dei governi degli ultimi 18 anni e la redistribuzione delle risorse del bilancio statale.
È ancora viva la memoria dei diecimila posti di lavoro annunciati nel 2016 e mai concretizzati
Chiedono lavoro, un miglioramento dei servizi pubblici e la fine della corruzione. Adel Abdul Mahdi, alla vigilia del primo anno del suo mandato da premier, ha ripetuto la promessa di mettere le rivendicazioni in cima all’agenda delle sue priorità e rivolgendosi ai manifestanti ha detto: “Il vostro messaggio è arrivato a noi”. Il suo discorso è stato ripetuto molte volte nelle televisioni statali la sera del 3 ottobre.
Ma i giovani manifestanti hanno perso fiducia in questo tipo di promesse. È ancora viva la memoria dei diecimila posti di lavoro annunciati dall’ex primo ministro Haider el Abadi dopo le proteste di Bassora del 2016, che non si sono mai concretizzati. In alcune proteste gli slogan chiedevano la deposizione del governo di Abdul Mahdi.
I leader iracheni sono in riunione permanente. Il coprifuoco è stato esteso ad altre cinque città oltre Baghdad, compresa Najaf. Le piattaforme dei social media sono state bloccate. Eppure i manifestanti hanno continuato ad assembrarsi a pochi metri dalle forze di sicurezza schierate nelle strade strette dei quartieri, in attesa di un varco per superare i blocchi.
(Traduzione di Francesco De Lellis)