Nonostante ci siano già stati circa 250 morti e seimila feriti, il 1 novembre quasi un milione di persone ha manifestato in piazza Tahrir a Baghdad e in altre piazze della capitale. Studenti delle scuole e delle università, iscritti delle unioni professionali e dei sindacati, e perfino intere famiglie con bambini, tutti si sono uniti attivamente alle proteste.

I manifestanti in piazza Tahrir si sono organizzati per una lunga permanenza. Alcune donne hanno cominciato a fare il pane e a cucinare in piazza per sfamare chi è in strada ormai da sette giorni. Nel tunnel al di sotto della piazza è stato allestito un ospedale di emergenza per assistere i manifestanti che hanno inalato il gas delle nuove granate lacrimogene dell’esercito.

Un gruppo di giovani coraggiosi si è allenato a neutralizzare i candelotti di gas lanciandoli lontano dai manifestanti. La torre del ristorante turco è stata rinominata “Torre della libertà” ed è diventata una sala operativa e un albergo che offre riparo ai manifestanti per fare brevi dormite.

L’irritazione iraniana
Sotto la pressione delle crescenti proteste sembra che il parlamento e il governo siano sprofondati nel caos. Oltre alle manifestazioni ora anche il parlamento sta spingendo sul primo ministro Adel Abdul Mahdi. La coalizione di maggioranza presente in parlamento (Sairun) guidata dal religioso Muqtada al Sadr ha alzato la voce per chiedere al premier di lanciare un’inchiesta sullo spargimento di sangue nelle piazze. Abdul Mahdi ha reso più difficili le sue dimissioni affermando che lascerà solo a patto che i principali blocchi parlamentari trovino un accordo su chi dovrà sostituirlo.

Il presidente Barham Saleh nel suo ultimo discorso in diretta televisiva il 31 ottobre ha promesso ai giovani manifestanti che il premier darà presto le dimissioni. Ma uno degli organizzatori della protesta ha dichiarato che il discorso del presidente è stato “freddo” e che “le dimissioni non saranno abbastanza”. Sarà solo un “one-man show”.

Per la prima volta dall’inizio delle proteste l’ayatollah Al Sistani, la più importante autorità religiosa sciita del paese, nel discorso trasmesso dal suo portavoce ha espresso il suo pieno sostegno alle rivendicazioni dei manifestanti che chiedono un vero cambio di governo, elezioni anticipate e un nuovo sistema istituzionale.

Il divario tra i manifestanti in piazza e i partiti al governo cresce di giorno in giorno, soprattutto nelle zone sciite del sud, dove si trovano le principali città petrolifere. La situazione sta facendo infuriare le autorità iraniane. Il leader supremo della Repubblica islamica, l’ayatollah Ali Khamenei, ha accusato gli Stati Uniti e l’occidente di essere responsabili dei “disordini nel vicino Iraq”. I manifestanti hanno alzato la voce contro di lui ripetendo “Fuori l’America! Fuori l’Iran!”.

(Traduzione di Francesco De Lellis)

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