La tragica storia della giovane Malak ha fatto suonare un campanello d’allarme in Iraq, aprendo gli occhi sulla diffusione della violenza domestica. La vittima ventenne, che si era cosparsa di benzina e poi si era data fuoco, è morta il 18 aprile dopo una lunga agonia.
La ragazza ha compiuto il gesto estremo per ribellarsi al marito, un ufficiale di polizia che nel corso degli otto mesi di matrimonio l’aveva ripetutamente picchiata e torturata. In un contesto sociale conservatore come quello della città santa di Najaf, dove l’episodio è avvenuto, una storia come questa normalmente sarebbe finita insabbiata dopo la tradizionale conciliazione, prevista per legge, tra le due famiglie.
Ma la madre di Malak con un’iniziativa coraggiosa ha deciso di pubblicare un video di sua figlia in ospedale e di raccontare la sua storia. Human rights watch, che ha incontrato la madre e ha pubblicato un rapporto sul caso di Malak, afferma: “Assistiamo a una serie infinita di casi di donne e ragazze che muoiono per mano dei loro familiari, ma il legislatore iracheno non ha fatto abbastanza finora per salvare quelle vite”.
La violenza domestica rimane un grave problema in Iraq. Uno studio del 2012 del ministero per la pianificazione riportava che almeno il 36 per cento delle donne sposate racconta di aver subìto una qualche forma di abuso psicologico dai mariti, il 23 per cento ha subìto abusi verbali, il 6 per cento violenza fisica e il 9 per cento violenza sessuale. La permanenza prolungata tra le mura di casa a causa del nuovo coronavirus ha fatto aumentare le violenze domestiche.
Per la prima volta, su pressione delle organizzazioni di donne, il marito di Malak è stato arrestato ed è stata aperta un’inchiesta. Per discutere del problema, una delegazione di parlamentari donne ha incontrato il capo dei giudici iracheni, il quale ha risposto: “Tratteremo ogni violenza domestica come un normale reato”. Ma è giunto il momento che il parlamento approvi una legge al riguardo.
(Traduzione di Francesco De Lellis)
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