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In Iraq le milizie filoiraniane fanno pressione sul premier

Bandiere palestinesi a Baghdad, Iraq, per la giornata di Al Quds, 22 maggio 2020. (Thaier Al-Sudani, Reuters/Contrasto)

Restano pochi giorni al nuovo primo ministro iracheno, Mustafa al Khadimi, prima di un nuovo difficile test parlamentare: per completare il suo governo deve ancora assegnare sette ministeri. Ma questo non metterà fine ai suoi problemi. Nella giornata di Al Quds le pressioni sul nuovo premier sono tornate a salire.

Le milizie filoiraniane hanno marciato in via della Palestina, vicino al centro di Baghdad, esponendo dei cartelli con le immagini degli iraniani Ali Khamenei, la guida suprema, Qassem Soleimani, il defunto comandante delle forze Al Quds. Una specie di promemoria per dire: “Siamo ancora qui”.

La giornata di Al Quds, il nome arabo di Gerusalemme, che cade l’ultimo venerdì del mese di Ramadan, fu istituita dall’Iran nel 1979 per mostrare sostegno al popolo palestinese attraverso manifestazioni contro Israele e gli Stati Uniti.

Una debole luce
In questa occasione Qais al Khazali, capo della milizia filoiraniana Asaib Ahl al Haq, ha minacciato di vendicare l’uccisione di Soleimani mettendo a ferro e fuoco le basi statunitensi in Iraq. Al Khazali ha sottolineato che il ritiro delle truppe statunitensi in Iraq “deve avvenire al più presto”. È stato un modo per mettere pressioni sul nuovo premier in vista dei “negoziati strategici” tra Stati Uniti e Iraq, previsti per giugno, in cui si discuterà delle relazioni militari ed economiche tra i due paesi.

Con il dilagare del covid-19, che sta facendo crollare le entrate petrolifere e minaccia di mandare all’aria l’economia irachena, Al Kadhimi ha bisogno sia degli Stati Uniti sia dell’Iran. Nel frattempo deve fronteggiare una nuova ondata di terrorismo del gruppo Stato islamico in un’area a nordest della capitale Baghdad.

Dal punto di vista finanziario, Al Kadhimi ha bisogno del sostegno statunitense per ottenere i prestiti necessari a pagare i dipendenti pubblici, che in molte città irachene hanno già cominciato a protestare. D’altra parte, gli serve il supporto dell’Iran per rafforzare il controllo statale sulle milizie che fanno tremare il suo governo e rischiano di mandare in fumo le sue promesse. Sarà un test difficile per lui. Ma c’è luce in fondo al tunnel da quando Stati Uniti e Iran non sono più sull’orlo di una guerra.

(Traduzione di Francesco De Lellis)

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