L’Iraq impoverito vuole rafforzare il controllo sulle sue dogane
Il controllo delle frontiere irachene, soprattutto di quelle con l’Iran, è diventato un terreno di scontro tra il primo ministro Mustafa al Kadhimi e le milizie filoiraniane presenti in Iraq. Nella seconda settimana di luglio il premier iracheno ha fatto visita a quattro dei 22 valichi di frontiera del paese. Accompagnato da un’imponente scorta armata, Al Kadhimi è andato nel governatorato di Bassora, nel sud del paese, dove ha visitato il porto più importante, Umm Qasr, e il principale valico con l’Iran, Safwan. A ogni visita il premier ha ordinato di sostituire funzionari accusati di corruzione con nuovi incaricati, tutti militari dell’esercito.
Per il capo del governo controllare i confini significa avere il controllo anche di una nuova fonte di entrate per lo stato. Con la drastica diminuzione dei guadagni derivanti dal petrolio e un deficit di bilancio di quasi 18 miliardi di dollari, Al Kadhimi ha promesso di trovare nuove entrate che non dipendano dal petrolio. Molti posti di frontiera erano controllati da miliziani filoiraniani, che ne traevano un profitto personale. “Erano un covo di corruzione”, ha dichiarato il premier.
Secondo l’esperto di finanze Abdulrahman Mashhadani, solo il 10 per cento dei dazi doganali finisce nelle casse dello stato iracheno, mentre il resto va ai gruppi armati fedeli all’Iran. Non è solo un problema economico, ma anche una questione simbolica di sovranità. Il controllo dei valichi di frontiera aveva permesso all’Iran di rafforzare la sua influenza sull’economia e sulla politica dell’Iraq.
Al Kadhimi ha in programma altri viaggi importanti, di cui uno in Iran e un altro negli Stati Uniti. È la sua ultima chance di affermare l’indipendenza dell’Iraq rispetto ai due paesi. Quella delle frontiere sarà una questione centrale in entrambe le visite.
(Traduzione di Francesco De Lellis)