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L’Iraq si prepara alle elezioni di ottobre

Najaf, Iraq, 12 aprile 2021. (Alaa al Marjani, Reuters/Contrasto)

A quattro mesi dalla data stabilita per il voto, il 10 ottobre di quest’anno, la campagna per le prossime elezioni legislative irachene è già cominciata. I partiti stanno sfruttando il mese sacro di Ramadan per fare campagna elettorale. I candidati sono scesi dalle loro auto per muoversi a piedi e distribuire ceste di cibo ai poveri in digiuno. Le grandi tavolate allestite per l’iftar, il pasto di rottura del digiuno, sono usate per pronunciare discorsi e dispensare promesse.

Stavolta sembra che non ci saranno ulteriori rinvii per le 44 coalizioni registrate, i 267 partiti autorizzati e i 3.523 candidati, di cui 1.002 presentati dalle coalizioni. Questo voto sarà molto difficile, prevede l’esperto Sadiq al Tai, “a causa della grande quantità di partiti armati e dell’interferenza iraniana”. I candidati indipendenti avranno scarsissime possibilità in questa rovente competizione.

Passaggi da superare
I nomi dei candidati dovranno superare numerosi filtri per essere approvati dall’Alta commissione elettorale indipendente irachena. Il ministero dell’istruzione dovrà accertare che i loro certificati scolastici non siano falsi, come accaduto in passato. Il ministero dell’interno controllerà se i candidati hanno commesso crimini, e a un’altra commissione spetterà il compito di verificare se in precedenza hanno fatto parte del partito baath di Saddam Hussein. Infine, la Commissione per l’integrità valuterà se i candidati sono accusati di episodi di corruzione.

Le precedenti coalizioni in corsa nelle elezioni del 2018 si sono disintegrate e ne sono emerse di nuove. Nella regione autonoma curda l’alleanza tra i due partiti principali (l’Unione patriottica del Kurdistan, Puk, e il Partito democratico del Kurdistan, Kdp) si è spaccata perché il Kdp ha deciso di correre da solo alle elezioni. Le tensioni sono ai massimi livelli nella componente sunnita dell’Iraq. I due candidati rivali si sono scambiati accuse reciproche e sono arrivati a urlarsi addosso e a usare le mani in un dibattito televisivo andato in onda il 3 maggio, costringendo il presentatore del programma a interrompere la trasmissione. Tra i partiti della maggioranza sciita non sono emerse alleanze definite.

Quello che è chiaro è che l’elemento più debole del voto sarà il partito Dawa, che da 16 anni nomina il primo ministro. La popolazione e i partiti lo ritengono responsabile per i fallimenti e le sconfitte militari e civili. Il partito si è opposto fermamente alla nuova legge elettorale.

L’attore più importante in gioco è la coalizione Sairun, il cui leader Moqtada al Sadr si aspetta di conquistare cento dei 325 seggi in parlamento, una quota che gli permetterebbe di nominare il prossimo primo ministro. Intanto il premier in carica Mustafa al Kadhimi ha scatenato un terremoto politico annunciando che non formerà una coalizione e non sosterrà alcuna alleanza, e causando agitazione tra i suoi sostenitori che stanno lavorando sodo per raccogliere simpatie tra i manifestanti.

Nulla resterà uguale, eppure quasi nulla cambierà nelle prossime elezioni.

(Traduzione di Francesco De Lellis)

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