La preda, romanzo del 1995 dello scrittore sudafricano Damon Galgut, è probabilmente il suo libro migliore. Parla di un uomo senza nome, in fuga, che incontra e uccide un sacerdote che stava per insediarsi in una nuova parrocchia. Ruba tutti i suoi vestiti, ne adotta l’identità e si presenta alla sua comunità come il nuovo parroco. Appena arriva lì scopre che il suo primo compito da prete sarà quello di seppellire l’uomo che aveva ucciso. Siamo nel Sudafrica degli anni novanta e dunque del delitto vengono accusati due uomini neri (bizzarramente chiamati Valentine e Small) e il romanzo prende la forma e il ritmo di un thriller. Il punto di vista rimbalza tra Valentine, l’uomo e il poliziotto chiamato a indagare mentre i capitoli si fanno via via sempre più brevi fino alla conclusione che ci arriva addosso a tutta velocità. Damon Galgut scrive con la semplicità di J.M. Coetzee – ogni frase spicca e sembra piena di significato – e la gravitas ritmata e biblica di Cormac McCarthy, ma l’effetto generale è quello di una grande ambivalenza. Nel drammatico confronto finale non è neanche ben chiaro di quale dei tre uomini coinvolti stiamo parlando. Questo effetto di straniamento e di alienazione è sicuramente voluto dallo scrittore – nei suoi lavori successivi vediamo bene come Galgut ami confondere il lettore e sfumare le cose – ma aggiunge una nota di frustrazione a questa originale e intensa parabola sulle storture della giustizia.
John Self, The Sunday Times
La maggior parte dei romanzi che sono considerati insoliti è insolita allo stesso modo. Ma ogni tanto può capitare d’imbattersi in qualcosa di davvero strano. La bizzarria qui non si presenta sul piano della trama, ma emerge dalla percezione che l’autrice ha del mondo e che tracima nella sua prosa. Pensate a certi inquietanti capolavori della modernità come La foresta della notte di Djuna Barnes o Due signore perbene di Jane Bowles, al loro andamento onirico e al loro oscuro carisma. Le governanti della scrittrice francese Anne Serre appartiene a questa categoria: è una storia stringata, più una novella che un romanzo, quasi una farsa sessuale alla John Waters raccontata con la compostezza di un’antica favola francese. Inès, Laura ed Eléonore sono le governanti e sono state assunte per occuparsi dei quattro figli della famiglia Austeur: stranamente però un gran numero di altri bambini e ragazzi comparirà nella storia senza spiegazioni. Capiamo presto che la loro vera missione è quella di ravvivare il moribondo matrimonio dei padroni di casa. A monsieur piace la presenza delle giovani, la loro energia femminile e loro si aggirano per la casa, organizzano feste, asciugano qualche lacrima e ispirano pensieri impuri nei ragazzini più grandi. A volte però vanno in calore, si arrampicano sugli alberi, spaventano gli uccelli e diventano delle menadi, a caccia di maschi. Le governanti è un lavoro orgogliosamente minore di un talento importante.
Parul Sehgal, The New York Times
In quest’epopea irlandese intergenerazionale e polifonica le storie vengono condivise, non raccontate. Per gli O Conaill e i Lyons, due famiglie le cui vite si intrecciano come in un nodo celtico, le storie sono una panacea per affrontare un mondo stonato fatto di riformatori, oppressione religiosa e libertà rubate. Le storie sono condivise come spiegazione delle entità nominate e non nominate che perseguitano i vari personaggi da una generazione all’altra. Sono storie tramandate che ci ricordano di non dimenticare. In questo romanzo Martin rivisita personaggi e temi del suo libro precedente, The cruelty man, ma entrambi i lavori possono essere letti indipendentemente. L’affetto di una strega è un romanzo avvincente, crudo e scioccante nel linguaggio e nella forma, intriso di folclore. I momenti di tenerezza sono così rari che colpiscono come una fitta. E tuttavia, l’umorismo sardonico e la prosa squisita di Martin attenuano sempre i momenti più oscuri.
Brigid O’Dea, The Irish Times
In questo romanzo facciamo la conoscenza di Benjamin Glass, 18 anni. Vive con la nonna in una roulotte in riva al mare ma la nonna è in ospedale. Benjamin lavora in un supermercato e soffre di misofobia, una paura dei germi che si traduce in quello che sembra un disturbo ossessivo-compulsivo. Camille, la sua responsabile, lo segue e lo incoraggia a provare tutte le emozioni che il mondo ha da offrire. Un giorno Benjamin fa una passeggiata sulla spiaggia per andare a vedere una balena morta che si era arenata. Un bellissimo cane molto magro e dal pelo striato sta leccando il cetaceo. Benjamin non riesce a toccare quel cane ma sente con lui una sorta di connessione: è solo, forse è stato abbandonato, forse tra di loro c’è una strana somiglianza. Secondo la medaglietta il nome del cane è The mighty Gary ed è un animale silenzioso che dice tutto con gli occhi, con quelle goccioline d’acqua intrappolate nei baffi e con quel suo modo di affidarsi subito a Benjamin. La relazione che si crea tra cane e umano è meravigliosa: Gary consente a Benjamin di capire tantissime cose che prima per lui non avevano alcun senso. I comprimari, soprattutto Camille, sono complessi e meravigliosamente reali nelle loro eccentricità. Dog è una storia semplice solo in apparenza, calda e divertente.
Louise Ward, The New Zealand Herald