Quando i primi bianchi arrivarono nella valle di Owens, una regione remota della Sierra Nevada orientale, in California, il nome delle tribù indigene del posto era paiute, “terra di acqua che scorre”. Nel 1860 i coloni, sostenuti dall’esercito statunitense e attirati dalla fiorente attività mineraria e dal terreno acquitrinoso della valle, si insediarono con forza nei territori dei paiute e dei loro vicini shoshone. La notte del 19 marzo 1863 venti soldati e dieci coloni attaccarono trentacinque indiani paiute, che per difendersi si spinsero verso le rive del lago Owens. Alcuni annegarono, altri furono uccisi a colpi di arma da fuoco.
Nel 2012 alcuni archeologi hanno trovato le prime prove fisiche del massacro (proiettili, bottoni di uniformi della cavalleria, manufatti dei nativi e resti umani), fino a quel momento conosciuto solo attraverso le testimonianze orali e omesso nei rapporti ufficiali dell’esercito statunitense. I coloni si erano appropriati così di quasi cento chilometri quadrati di intricati sistemi di irrigazione costruiti e gestiti dalle tribù, racconta Sage Andrew Romero, un membro della tribù paiute Taos Pueblo che vive nella riserva di Big Pine: “Attraverso questi canali i nostri antenati riuscivano a portare l’acqua in tutta la valle, rendendo il terreno coltivabile e offrendo un habitat adatto per gli animali. Oggi le tracce di questi canali non sono più visibili: nel 1980 ci fu un’alluvione – ricordo ancora oggi distintamente il rumore delle rocce travolte dall’acqua – che ne ha cancellato i segni. Ciò che sopravvive viene dai racconti orali”.
Insieme al fiume Colorado e alla valle di San Joaquin, la valle di Owens – una striscia di deserto e praterie di 121 chilometri, che si sviluppa lungo la Route 395, circondata dalla Sierra Nevada a ovest e dalle White Mountains a est – fornisce un terzo dell’acqua di Los Angeles. Qui cento anni fa la nascente città di Los Angeles entrò in possesso delle terre e acquisì i diritti per sfruttare l’abbondante acqua del fiume Owens. Così una polverosa cittadina costiera di 15mila abitanti si trasformò in una metropoli abitata da milioni di persone, oggi traboccante d’acqua, canali e piscine.
All’inizio del novecento la città aveva bisogno di più acqua. Il sindaco Fred Eaton e il suo amico William Mulholland, ingegnere irlandese naturalizzato statunitense, intuirono che il vicino bacino idrico della valle di Owens sarebbe potuto diventare una grande risorsa. Dal 1907 al 1913, con l’approvazione del presidente Theodore Roosevelt e attraverso trucchi legali e sotterfugi, Mulholland diresse i lavori per costruire un acquedotto, che attualmente sfocia a Cascades, nella valle di San Fernando, a nord di Los Angeles. Un’imponente impresa ingegneristica, lunga 375 chilometri, che costò 24,5 milioni di dollari e richiese l’impiego di cinquemila operai. I lavori si conclusero nel novembre del 1913.
“There it is.Take it”, eccola, prendetela: furono queste le parole di Mulholland riferendosi all’acqua durante la cerimonia di inaugurazione. La complessità di quell’opera, che fu paragonata a quella del canale di Panama, trasformò gran parte della valle di Owens in un desolato deserto e l’arido bacino di Los Angeles in un’oasi artificiale.
Già negli anni venti dalla valle di Owens fu deviata così tanta acqua che l’agricoltura divenne impraticabile, causando la rovina economica della regione. A testimoniare questo passato ci sono ancora oggi 29 silos. Pam Vaughan, editorialista del giornale locale The Inyo Register, spiega che il dipartimento per l’acqua e l’energia di Los Angeles (Ladwp), fondato nel 1902 per fornire acqua a Los Angeles, voleva demolirli per eliminare le tracce della precedente vocazione agricola. Nel 1924 il lago di Owens, fino ad allora uno dei più grandi specchi d’acqua interni degli Stati Uniti, in cui confluiva tutta l’acqua proveniente dal fiume Owens, era completamente prosciugato. Gli agricoltori e i proprietari di ranch, esasperati, si ribellarono, sabotando e facendo saltare in aria con della dinamite una parte dell’acquedotto. L’episodio diede il via a una serie di conflitti passati alla storia come “guerre dell’acqua”.
Nel 1927, al culmine degli scontri, l’Inyo County Bank, la principale banca locale, andò in bancarotta, danneggiando la resistenza e causandone la fine. Nel 1928 Los Angeles controllava il 90 per cento dell’acqua della valle di Owens. Le attività agricole nella regione erano praticamente inesistenti, mentre il fabbisogno idrico di Los Angeles continuava a crescere. Così nel 1941 il Ladwp, già la più grande municipalizzata degli Stati Uniti, si assicurò anche i diritti di sfruttamento di un altro bacino idrico, deviando nell’acquedotto l’acqua del lago di Mono, situato a nord della valle di Owens.
Oggi il Lawdp dà lavoro a trecento dipendenti della valle, possiede circa il 90 per cento del terreno privato della contea di Inyo e restituisce in tasse circa venti milioni di dollari all’anno.
Rusty McKinley, pastore della Calvary Baptist Church, che vive a Bishop, dice: “Il Lawdp è un male necessario. Penso che l’ente non dovrebbe possedere terreni, ma molti campi qui sono suoi, credo siano dodicimila ettari. Ha reso difficile la nostra vita, ma come noi abbiamo bisogno di acqua, ne hanno anche gli abitanti di Los Angeles”.
La sottrazione dell’acqua dalla valle di Owens ha provocato anche un disastro ambientale. I venti che scendono dalle montagne sollevano i solfati e le particelle tossiche presenti sul fondo del lago – tra cui arsenico e cadmio – si diffondono nell’atmosfera creando violente tempeste di sabbia che causano gravi problemi di salute agli abitanti dell’area. Per contenere il problema nel 1990 il Ladwp decise di riempire nuovamente una porzione del lago, ma il progetto fallì. Si formarono delle pozze temporanee poco profonde, che ebbero solo il merito di incoraggiare il ritorno della fauna avicola. Nel 2010 sono stati contati infatti in un solo giorno quasi quarantamila uccelli autoctoni e migratori e oggi l’area è una meta per appassionati di birdwatching.
Il cambiamento climatico sta aggravando ulteriormente la siccità in California, minacciando le comunità su entrambe le estremità del controverso acquedotto. Il manto nevoso della Sierra Nevada fornisce il 60 per cento dell’acqua dolce della California. Da un rapporto del 2018 si prevede che entro la fine del secolo si ridurrà di più del 60 per cento se il riscaldamento globale continuerà al ritmo attuale. Negli ultimi dieci anni la California ha già registrato un livello di scioglimento decisamente più alto rispetto alla media.
Rosie Garcia, una donna di 39 anni di origine messicana, gestisce un ristorante a Bishop. È cresciuta nella valle di Owens. Spiega che nella zona le persone di origine ispanica rappresentano quasi il 50 per cento della popolazione. La maggior parte è arrivata verso la fine degli anni ottanta per lavorare nella ristorazione, nell’edilizia e nel giardinaggio. Rosie Garcia conosce bene la situazione della valle di Owens. Il cambiamento climatico, la siccità, i frequenti incendi, le tempeste di sabbia la preoccupano. Gran parte del territorio vive di turismo legato alla montagna, e la diminuzione del manto nevoso della Sierra Nevada sta facendo crollare il turismo, e probabilmente andrà sempre peggio.
L’acqua è un bene prezioso. Lo pensano anche le generazioni più giovani. Harlee Bardonnex, un’adolescente di 17 anni che vive a Bishop, dice: “A causa del mio background culturale, penso che l’acqua nella mia terra sia sacra e speciale. Credo che l’acquedotto di Los Angeles rubi l’acqua delle mie terre causando siccità. Amo parlare e informarmi sui temi legati al cambiamento climatico, è sicuramente un argomento che tutti dovrebbero conoscere, perché influisce direttamente sul nostro futuro e su quello delle prossime generazioni. Vivere in una terra dove l’acqua diminuirà sempre di più è terribile. Ogni anno il livello dell’acqua di laghi, fiumi e altre fonti idriche si abbassa sempre di più e sono molto evidenti gli effetti che ha sull’ambiente. Sui social network leggo molta propaganda di adolescenti della mia età che fanno attivismo ambientale e penso che sia un nostro dovere amplificare la loro voce”.
Con queste premesse, Los Angeles sta riflettendo sul proprio futuro idrico, anche in considerazione della crescente concorrenza per l’acqua del fiume Colorado. Entro il 2040 la città, in continua espansione, mira a ottenere quasi un quarto del proprio fabbisogno idrico incanalando il deflusso delle acque piovane in bacini di stoccaggio utili per ricaricare le proprie riserve idriche sotterranee. I bacini dovrebbero permettere alla città di immagazzinare più acqua durante le sempre più violente precipitazioni. Un secondo obiettivo è riciclare una maggiore quantità di acque reflue. Nonostante questi progetti, si prevede che nel 2040 il 42 per cento dell’acqua di Los Angeles continuerà ad arrivare dall’acquedotto della valle di Owens.
La siccità contribuisce a innescare vasti incendi. La contea è stata colpita da un incendio quest’anno a febbraio, un mese in cui questi fenomeni sono rari. Le fiamme hanno lambito i confini delle cittadine di Bishop e di Big Pine. Kristina Justice, orgogliosa residente di terza generazione della valle di Owens e assistente del capo dei vigili del fuoco al Bishop volunteer fire department, sottolinea quanto sia indispensabile l’acqua in queste circostanze.
“La nostra flotta di vigili del fuoco attualmente conta su quattro autopompe, che ci danno la possibilità di riversare dodicimila galloni d’acqua (45mila litri) sulle fiamme in pochi minuti. Questa capacità è fondamentale, soprattutto per gli incendi lontani dalle fonti idriche. La scarsità di acqua complica un problema già difficile da gestire”. Poi aggiunge: “Crescendo a Bishop ho sempre guardato con diffidenza il Ladwp. Ma da adulta ho rivisto le mie posizioni. Per quanto possa sembrare incomprensibile, la presenza dell’agenzia è fondamentale per la valle di Owens. Ma, a causa degli errori che ha commesso in passato, ci sono molti ambientalisti, allevatori e organizzazioni che ne sorvegliano ogni mossa. Penso che sia una delle lezioni più preziose che possiamo trarre dallo studio della storia delle ‘guerre dell’acqua’: il potere corrompe ed è fondamentale per noi guardare da vicino quelli che lo detengono, per assicurarci che non ne abusino, come ha fatto storicamente il Ladwp nella valle di Owens. Oggi la situazione è migliore, dobbiamo comunque vigilare sul loro operato e nel caso intervenire”.
Gerald Lewis, un anziano della tribù paiute, teme che mentre la crisi climatica minaccia di prosciugare ulteriormente la valle, la sua comunità, che vive in una riserva di proprietà del governo federale, non avrà nessun altro posto dove andare. “Ogni volta che qui si asciuga, immagino che i bianchi si allontaneranno, ma noi non abbiamo nessun altro posto dove andare”. Sage Andrew Romero invece dice: “La valle di Owens è la mia casa ancestrale, ho abitato in tanti posti quando ero giovane ma nei miei piani c’è sempre stato quello di tornare qui per essere una risorsa per il mio popolo. Ho ancora tanto da imparare, ma è ciò che voglio fare”.
Secondo Peter Gleick, esperto di acqua e clima del Pacific Institute, “fino a quando considereremo l’acqua come un bene che qualcuno conquista e qualcun altro perde, non avremo mai un sistema equilibrato e sostenibile”.
Altre foto di questo reportage sono pubblicate nel numero 1463 di Internazionale.
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