“La Croazia non ha mai avuto bisogno della protezione divina come oggi”, ha dichiarato la pediatra Nada Jurinčić da un palco di piazza Bana Jelačić, a Zagabria.
Il 24 settembre un’imponente manifestazione ha portato persone di tutta la regione nella piazza centrale della capitale croata. Nei filmati della protesta si vedono persone che sventolano bandiere croate insieme a striscioni sui quali si legge “niente giustifica questa violenza”. Di che violenza si parla? I vaccini e le misure di pubblica sicurezza legate al covid-19.
Jurinčić ha aperto il suo intervento con uno slogan nazionalistico. “Dio e i croati!” (Bog i Hrvati!), ha esclamato prima di cominciare il suo discorso, nel quale ha definito le misure di pubblica sicurezza come “crimini commessi nell’ambito di un piano di battaglia con il nome in codice di covid-19”, e ha dichiarato che la pandemia è falsa. Gli autori di questa grande finzione sono, secondo Jurinčić, l’Organizzazione mondiale della sanità e il Partito comunista cinese.
L’intervento si è concluso con le parole “siamo in guerra!”. Il discorso ha raccolto oltre novantamila visualizzazioni su YouTube, e molte di più se si considerano altre piattaforme.
La manifestazione è stata chiamata “Festival della libertà” ed è stata organizzata dall’iniziativa Diritti e libertà (Prava i slobode), fondata nel 2020 in risposta alle misure per contrastare il covid-19 in Croazia. Simili eventi hanno luogo in altri paesi della regione. Alcuni, come quelli in Slovenia, sono sfociati in violenze.
Come un tempio
Aleksej Kišjuhas, un sociologo serbo, descrive chi si oppone ai vaccini nella regione come “individui provenienti da un contesto relativamente conservatore”. E spiega: “Vedono nei vaccini una sorta d’intervento innaturale o sporco da parte delle aziende e dei poteri liberali del mondo, mentre considerano il loro corpo come un tempio”.
La regione dei Balcani ha uno dei tassi di vaccinazione contro il covid-19 più bassi in Europa. Serbia, Croazia e Slovenia si attestano all’incirca tra il 40 e il 50 per cento; Montenegro, Macedonia del Nord e Kosovo tra il 30 e il 40 per cento; l’Albania è quasi al 30 per cento, mentre la Bosnia Erzegovina non ha raggiunto neppure il 20 per cento.
Anche se Facebook e altre piattaforme di social network hanno fieramente e pubblicamente modificato la loro strategia di moderazione dei contenuti per ridurre la disinformazione sul covid-19, di recente è filtrato un rapporto interno di Facebook in cui si legge che “la nostra capacità di rilevare i commenti che contengono esitazioni a proposito dei vaccini è scarsa in inglese e praticamente inesistente nelle altre lingue”. In tutta la regione le idee antivaccino e le teorie del complotto sul covid-19 trovano terreno fertile sui social network e raramente sono sanzionate o moderate.
Figure popolari
Uno degli ambienti in cui si diffondono queste idee è il canale YouTube Bujica, che ha oltre cinquantamila iscritti. L’animatore del canale, Velimir Bujanec, è un personaggio pubblico dell’estrema destra croata, con precedenti penali per possesso di cocaina e per aver pagato prestazioni sessuali con la droga. È stato inoltre fotografato negli anni novanta con indosso un’uniforme nazista.
Bujanec ha intervistato Nada Jurinčić in uno dei suoi episodi. Le affermazioni fatte in quell’occasione sono poi state sottoposte a verifica dal sito croato Faktograf, che ha rivelato numerose falsità. Ma, come spesso accade, l’articolo di verifica ha avuto molte meno visualizzazioni delle duecentomila ottenute da quello con le dichiarazioni originarie, e false.
Un’altra popolare figura tra chi si oppone ai vaccini nella regione è Semir Osmanagić, un “ricercatore spirituale” bosniaco che sostiene che i maya discendono da una razza aliena proveniente dallo spazio e che Hitler sia fuggito in una base sotterranea nell’Antartide dopo la seconda guerra mondiale. Osmanagić è stato filmato durante la manifestazione di Zagabria, mentre faceva un parallelo tra le persecuzioni degli ebrei nella Germania nazista e le misure contro il covid-19. L’idea che le persone contrarie al vaccino siano l’equivalente degli ebrei ai tempi della Germania nazista è un’immagine diffusa nella retorica internazionale dei no vax.
Di recente Osmanagić ha trasformato i suoi canali di social network in fonti di disinformazione a proposito del covid-19 e dei vaccini, con notizie secondo cui le presunte piramidi di Visoko, delle formazioni montuose vicine a Sarajevo, avrebbero effetti curativi contro il virus. Le sue affermazioni sono state rafforzate dalle visite di alto profilo di alcune celebrità come la stella del tennis Novak Djoković, scettico nei confronti dei vaccini, che è andato a Visoko nell’autunno del 2020, attirando più attenzione e turisti nella località e in tutta la Bosnia, dove le misure contro il covid 19 sono applicate più debolmente.
La Bosnia ha il tasso di vaccinazione contro il covid-19 più basso in Europa e uno dei tassi di mortalità a causa del virus più alti del mondo.
Due delle più diffuse teorie del complotto riguardano i presunti microchip presenti nei vaccini e l’idea che questi abbiano un effetto negativo sulla fertilità
Forse il movimento antivaccino più estremo della regione si trova in Slovenia, dove all’inizio dell’anno ci sono state violente manifestazioni. Il motivo principale della protesta riguardava la morte di una ragazza di vent’anni, deceduta a causa di un’emorragia cerebrale che sarebbe stata provocata dal vaccino Johnson&Johnson. Circa diecimila persone si sono riunite a Lubiana, dove hanno marciato nel centro cittadino, bloccando alcune uscite autostradali.
Il governo ha risposto con rigide restrizioni al diritto di manifestare pubblicamente. In vista del vertice tra l’Unione europea e i Balcani occidentali, il governo ha attivato per la prima volta nella storia l’articolo 9 della legge sui compiti e i poteri della polizia, limitando gli spostamenti della popolazione negli spazi pubblici. Quando i manifestanti antivaccino si sono riuniti nonostante le limitazioni, la polizia ha usato gas lacrimogeni e cannoni ad acqua per disperderli.
Nonostante un avvio tardivo, il Kosovo ha recentemente recuperato il ritardo nel tasso di vaccinazione rispetto ai paesi vicini. La campagna vaccinale è cominciata a fine marzo, quando il primo ministro Albin Kurti ha pubblicamente ricevuto la prima dose di AstraZeneca. Nonostante i recenti successi del paese in ambito vaccinale, le teorie del complotto e le proteste contro i vaccini si stanno diffondendo anche in Kosovo. Una delle figure di punta del mondo no vax kosovaro in rete è Arianit Sllamniku, un insegnante di tedesco.
“Io e la mia famiglia abbiamo cominciato a protestare perché non eravamo d’accordo con la decisione del governo di aprire palestre e caffè ma di mantenere chiuse le scuole”, dice Sllamniku, che si è mobilitato a settembre e da allora ha guidato tre proteste, nessuna delle quali ha visto una grande partecipazione di pubblico.
“Attraverso il mio post su Facebook sulle manifestazioni a Pristina, la gente ha cominciato a mostrare il suo sostegno e a unirsi a noi”, racconta.
Insieme a persone con idee simili, Sllamiku ha creato un gruppo Facebook chiamato Cittadino libero, Qytetari i Lirë in albanese, che ha oltre seicento partecipanti. Di recente Facebook ha bloccato Sllamniku per dieci giorni per aver diffuso post sui vaccini che violano le regole sulla disinformazione della piattaforma.
Difficoltà nella gestione
La giornalista kosovara Valjeta Kosumi vede un enorme problema nella rete: “I social network hanno un ruolo importante nell’alimentare teorie del complotto sui vaccini e nelle decisioni delle persone di non farsi vaccinare”, dice Kosumi. Secondo lei, due delle più diffuse teorie del complotto riguardano i presunti microchip presenti nei vaccini e l’idea che questi abbiano un effetto negativo sulla fertilità. Sono argomentazioni che ha visto spesso nella sezione dei commenti delle notizie postate quotidianamente sui social network.
YouTube ha recentemente annunciato che avrebbe rimosso filmati e canali associati ai contenuti contro i vaccini, ma le difficoltà di Facebook nel gestire contenuti web non in inglese solleva dubbi sugli effetti di questa decisione nella regione.
Dopo essere stato bloccato alcune volte, Sllamniku ha cominciato a prendere in considerazione altre piattaforme di social network. “Telegram è una delle piattaforme alternative che non prevede le stesse restrizioni di Facebook e Twitter”, spiega.
Zoran Stevanović, uno dei principali organizzatori delle proteste di Lubiana, invece di rivolgersi a Telegram ha formato un nuovo partito chiamato Resnica, che significa “la verità”. Stevanović è un ex poliziotto, uomo d’affari ed esponente del Partito nazionale sloveno, una formazione nazionalista d’estrema destra.
“Sono trent’anni che siamo governati dallo stesso progetto, una politica distruttiva di corruzione e di false divisioni che separa i popoli”, sostiene. Stevanović ha definito la pandemia “un progetto criminale” ed è stato arrestato due volte per incitamento alla violenza. Questo non gli ha impedito di ottenere un incontro con il presidente sloveno Borut Pahor, al quale ha fatto alcune richieste provocatorie. Pahor ha messo fine rapidamente al loro incontro.
Stevanović è stato recentemente fotografato in compagnia di Ivan Vilibor Sinčić, esponente croato del parlamento europeo e grande nemico dei vaccini. I no vax croati e sloveni hanno collaborato tra loro, un fatto evidente anche sui social network. Molti gruppi antivaccino sloveni aggiungono regolarmente sottotitoli in serbocroato ai loro contenuti, e messaggi di sostegno provenienti da tutta la regione possono essere letti nella sezione dei commenti.
La stampa nel mirino
Non sono solo i produttori di vaccini, la Cina e l’Organizzazione mondiale della sanità a essere nella lista dei nemici principali di chi si oppone ai vaccini. Molti hanno preso di mira anche i mezzi d’informazione. “I principali giornali del regime ci stanno bloccando, oppure parlano male di noi”, si è lamentato Stevanović.
Damjana Bakarič, ex giornalista in Slovenia e ora “ricercatrice in psicologia umana, emozioni e anima”, invita le persone a non seguire i mezzi d’informazione tradizionali. “Ne abbiamo abbastanza di questo bullismo e dell’energia negativa prodotta dai giornali”, dice, aggiungendo che “la colpa della pandemia è dell’élite predatoria globale”.
Durante le proteste a Lubiana i manifestanti hanno preso d’assalto l’emittente radiotelevisiva di stato e molti giornalisti hanno riferito di essere stati attaccati. In risposta, l’associazione dei giornalisti sloveni ha rilasciato una dichiarazione in cui afferma: “Chiediamo a tutti di rispettare il lavoro dei giornalisti sul campo e di non minacciarli”.
I mezzi d’informazione sono stati bersaglio delle proteste anche a Zagabria, dove Anita Šupe, esponente dell’associazione Diritti e libertà, ha oscuramente proclamato che “la stampa tradizionale sta nascondendo la verità, rovesciando i fatti e intimidendoci. Mantiene le persone nell’ignoranza e nella paura per poterle manipolare”.
“Il movimento antivaccino non è organizzato e unificato, ma è un’ideologia diffusa ed eterogenea che si allarga a macchia d’olio, perché colpisce dove le persone sono più deboli: nelle emozioni”, spiega il medico serbo Srđan Lukić, che ha spesso espresso le sue preoccupazioni a proposito del movimento nella regione.
Secondo Aleksej Kišjuhas ci sono molte diverse ragioni per cui la gente aderisce ai movimenti contro il vaccino. La sua idea è confermata anche dalla ricerca.
“Alcune persone sono disinformate o male informate”, afferma Kišjuhas. “Alcune hanno paura degli effetti collaterali o degli aghi, altre non hanno fiducia nel sistema sanitario o nel governo. E poi c’è chi crede veramente alle teorie del complotto, ai microchip o alla mafia delle case farmaceutiche”.
A suo avviso i processi di costruzione dell’identità e della comunità sono essenziali per capire come i gruppi antivaccino si formano e si rafforzano. “Le persone spesso si costruiscono opinioni perché sono influenzate da individui rispettati o da persone di cui si fidano all’interno delle reti sociali personali”, conclude. “Se questi individui sono no vax, faranno venire dei dubbi sui vaccini a molti”.
(Traduzione di Federico Ferrone)
Questo articolo è stato pubblicato dalla rivista Kosovo 2.0.
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