Appena supero la chiesa di East Tempe, alla periferia di Livingston, nel Texas, dalla mia radio esce il suono delle risate finte. Vengono da Martin, una sitcom televisiva vecchia di tre decenni. L’umorismo di questi fittizi abitanti di Detroit si manifesta come un crepitio incongruo in uscita dagli altoparlanti della mia auto, mentre percorro una tortuosa strada di campagna.

Quando le risate si placano, la leggera cadenza del sud di un dj chiamato Megamind interviene per introdurre il segmento successivo.

“Ve lo portiamo noi, come un servizio in camera”, dice, con una frase caratteristica che ha un sapore ironico: come la maggior parte dei suoi ascoltatori, Megamind non ha una stanza. Vive infatti su una branda di metallo in un carcere di massima sicurezza, e il suo vero nome è Ramy Hozaifeh. Gli uomini rinchiusi nella prigione Allan B. Polunsky, lo conoscono soprattutto come una delle voci abituali sulla modulazione di frequenza dei 106.5 di The Tank, la stazione radio della prigione.

La voce della comunità detenuta
The Tank ha un segnale così debole che puoi sentirla solo per un minuto o due dopo aver lasciato il parcheggio. Ma la programmazione è abbondante e varia come in una qualsiasi radio commerciale del mondo esterno, con trasmissioni che vanno dall’heavy metal al miglioramento personale. È tutto registrato in uno studio nascosto nel cuore della prigione e pieno di attrezzature, in gran parte donate da chiese e gruppi religiosi. Non ha la fama o il seguito del podcast Ear hustle della prigione di San Quentin, ma The Tank permette agli uomini che si trovano in uno dei più duri bracci della morte del paese di avere una voce che si diffonde oltre le loro celle. Solitamente – proprio come nella maggior parte delle carceri – i detenuti di Polunsky non sono autorizzati a scriversi delle lettere tra loro. Ma per la stazione radio il direttore ha fatto un’eccezione, permettendogli di trasmettere saggi e poesie ai cappellani del personale, affinché li consegnino a Hozaifeh e ai suoi colleghi dj. Questo concede agli uomini più isolati del Texas la rara possibilità di partecipare alla più vasta comunità della prigione.

Ogni mattina Hozaifeh trasmette un episodio di Martin o Sanford and son, due sitcom che hanno ancora senso per ascoltatori che non possono vedere l’azione perché chiusi in una cella senza televisione. “Puoi ascoltare le loro battute”, dice. “Anche senza vedere assolutamente niente”.

Nei primi giorni della pandemia ha aiutato i detenuti di tutto il complesso, anche quelli in isolamento, a capire cosa stava succedendo

Come nella maggior parte delle prigioni, la vita in questo carcere che ospita tremila uomini – un’ora e mezza di strada a nord di Houston – è molto cupa, soprattutto per i detenuti delle sezioni di massima sicurezza, che trascorrono la maggior parte del loro tempo in isolamento. Tra loro ci sono centinaia di uomini tenuti in isolamento perché considerati pericolosi o in pericolo, e anche quasi duecento uomini nel braccio della morte, che da anni vivono separati dal resto della popolazione carceraria. Non possono andare in mensa, nella cappella o nel cortile principale, e perlopiù vedono i loro compagni di prigione solo di sfuggita. Per esempio quando gli inservienti passano lo straccio o distribuiscono gli asciugamani. Non possono frequentare corsi o lavorare in prigione, e non possiedono tablet o televisori. Ma hanno delle radio.

Ho saputo della stazione radio da John Henry Ramirez, un uomo nel braccio della morte. Mancava una settimana alla sua esecuzione e avevo potuto incontrarlo per parlare della sua richiesta alla direzione della prigione di permettere al suo pastore battista di tenergli la mano nel momento in cui sarebbe morto. Aveva risposto alle mie domande sulla sua fede e sulla paura della morte, ma ciò di cui voleva davvero parlarmi era la stazione radio. “Quando arrivi al parcheggio, basta semplicemente che ti sintonizzi e sentirai”, mi aveva detto. Una volta uscita, mi aveva spiegato, potevo ascoltare il notiziario delle 12 con il menù del giorno. “È diventata una parte fondamentale di Polunsky”, aveva aggiunto. “Tutti ne parlano”.

Le trasmissioni della radio sono cominciate all’inizio del 2020, quando il direttore Daniel Dickerson è arrivato a Polunsky e alcuni detenuti gli hanno chiesto il permesso di creare una loro radio.

La programmazione di The Tank include una vasta varietà di tematiche: dalle notizie, agli approfondimenti ai servizi religiosi e agli spettacoli di musica heavy metal. (Michael Starghill)

Nei 24 anni di lavoro per il sistema carcerario del Texas aveva ricevuto ogni tipo di domande, ma questa era la prima del genere. Eppure ha deciso di ascoltarli. “Quando mi hanno spiegato la cosa e come sarebbe stata organizzata – tutto naturalmente è preregistrato e può quindi essere esaminato e rivisto – non sembrava una cattiva idea”, dice Dickerson.

Ha pensato che la stazione radio avrebbe potuto dare ai detenuti qualcosa di cui occuparsi e con cui entrare in relazione. Soprattutto considerando che la prigione era troppo a corto di personale per ampliare i suoi programmi in altro modo. E nei primi giorni della pandemia, racconta Dickerson, è stata anche un ottimo modo per aiutare i detenuti di tutto il complesso, anche quelli che non potevano lasciare le loro celle, a capire cosa stava succedendo. “Non tutti hanno un televisore, ma quasi tutti hanno una radio”, spiega Dickerson. “E chiunque sia stato all’interno di una prigione sa che alcuni alzeranno il volume della radio abbastanza anche per chi non ne ha una”.

La prima volta che si è seduto nel suo ufficio e l’ha ascoltata, non si è pentito. “È come una piccola stazione radio locale della prigione”, mi dice con uno strano sorriso. “E se vai in giro ti accorgi di come cambia le persone”.

Per certi versi The Tank è come un centro sociale per uomini che non possono mai uscire dalle loro celle

Anche se sono solo di passaggio, me ne accorgo anche io. Solitamente quando intervisto degli uomini nel braccio della morte, parliamo del loro caso, della data della loro esecuzione, oppure delle condizioni in cui vivono. Ma adesso parlano del palinsesto che conoscono a memoria. La domenica è il turno di Smooth grove, un programma rhythm and blues. Il lunedì rap e il martedì musica latinoamericana. Una serata è dedicata al programma di teorie del complotto di Megamind, ispirato alla trasmissione radio Coast to coast AM, e un’altra alla musica alternativa.

“Il mio programma preferito è quello dedicato all’heavy metal”, mi aveva detto Ramirez. Si chiama Tales from the pit, e i detenuti che lo conducono si fanno chiamare pit chief e chiamano i loro ascoltatori pit crew. Ultimamente hanno cominciato a chiamare pit chief anche Ramirez, perché gli ha scritto così tante volte da diventare parte della trasmissione.

Per certi versi The Tank è come un centro sociale per uomini che non possono mai uscire dalle loro celle. Oltre alla musica e agli annunci quotidiani, i dj trasmettono notizie e colonne sonore di film (il loro genere preferito sono le commedie romantiche, mi confida Hozaifeh, mentre “odiano profondamente i film ambientati in carcere”).

Ci sono anche funzioni religiose, una trasmissione rap di contenuto biblico, programmi di prevenzione dei suicidi e informazioni dal braccio della morte. A volte gli uomini s’intervistano a vicenda, e una volta hanno intervistato il direttore. Quando sono venuta in visita a ottobre, hanno intervistato anche me.

Recuperare l’umanità
Ero rimasta talmente colpita dall’entusiasmo di Ramirez durante la nostra conversazione che volevo tornare per vedere la stazione radio. Il direttore mi ha accompagnato attraverso un labirinto di passaggi e corridoi prima di arrivare a una piccola stanza sepolta all’interno della struttura. Dall’esterno sembrava la porta di un armadio, ma all’interno lo spazio era pieno di apparecchiature audio e computer. A eccezione dell’uniforme bianca da detenuto del dj, poteva benissimo essere l’interno di un qualsiasi piccolo studio, in qualsiasi parte del mondo esterno.

Mentre Hozaifeh trasmetteva la musica, abbiamo parlato un po’ della mia vita: come ero finita io stessa in prigione e come sono diventata poi una giornalista. Dato che mi occupo delle prigioni in Texas da diverso tempo molti dei ragazzi sapevano già queste cose su di me, e alcuni avevano inviato in anticipo delle domande più particolari: cosa preferivi prendere allo spaccio del carcere? Ti piacciono Madonna, i Pearl Jam o i Led Zeppelin? Pizza, bistecca o tofu?

Dalle loro celle e brande, sono gli uomini di Polunsky a dirigere l’intervista. È un modo improbabile di assumere un certo controllo all’interno del mondo fortemente regolamentato della prigione, e di sentire le loro stesse parole messe in onda da una radio gestita da loro stessi e per loro stessi.

È anche questo ad attirare Jedidiah Murphy, che da vent’anni si trova nel braccio della morte. Da quando ha cominciato ad ascoltare The Tank, Murphy partecipa regolarmente al programma sulle teorie del complotto di Megamind. L’eccentrico contenuto del programma rispecchia i suoi interessi, ma la cosa che gli piace di più è il pubblico, che non lo giudica per il suo passato, perché ha a sua volta un passato simile. “Avere delle persone in prigione che si disinteressano totalmente della condanna o della situazione, è una cosa inedita per molti di noi”, mi ha scritto. “È un programma gestito da detenuti, per detenuti”.

I ragazzi che gestiscono la stazione radio capiscono quanto sia importante tutto questo. Non sono mai stati nel braccio della morte, ma molti di loro – incluso Hozaifeh – sono stati in isolamento, e sanno quanto la costante solitudine possa diventare straniante. “Non sai più se esisti”, dice Hozaifeh. “È come se ti togliesse la tua umanità, e penso che la radio ce l’abbia restituita”.

Ultime parole
A settembre, a pochi giorni dalla prevista data d’esecuzione di Ramirez – condannato per l’uccisione del commesso di un negozio, nel 2004 – i ragazzi che gestiscono la trasmissione heavy metal hanno curato una scaletta per lui e trasmesso messaggi registrati dai suoi amici all’interno del carcere e dai sostenitori esterni. Nella trasmissione rap sono state lette le lettere di ascoltatori che hanno raccontato in che modo il suo contributo alla radio abbia toccato le loro vite.

Come al solito, lui si è sintonizzato, ma questa volta ha potuto rispondere con la sua voce. Il giorno prima della prevista esecuzione capitale di Ramirez, il direttore ha preso una decisione senza precedenti: ha lasciato che il condannato andasse in chiesa. Si trattava di una funzione speciale all’esterno, e c’era una recinzione spinata tra Ramirez e il coro dei detenuti ordinari del carcere, ma era comunque una prima volta per il braccio della morte. In seguito The Tank ha trasmesso i passaggi più importanti della funzione a beneficio di tutta la prigione.

Ramirez ha parlato dei suoi rimpianti e ha raccontato di aver pianto quando ha visto sua madre allontanarsi dopo la sua ultima visita. Ma ha anche parlato della stazione radio, e di come questa gli abbia dato un’ultima possibilità di essere parte di una comunità.

“Non so se capite davvero quanto sia importante, perché siete detenuti ordinari”, ha detto agli altri compagni di prigione. “Vedete come siete tutti vicini l’uno all’altro? Ve ne state tranquilli, andate in giro, vi toccate l’un l’altro. Noi non abbiamo niente di tutto questo. Voi avete la comunità. Noi siamo soli, siamo totalmente da soli”.

Di lì a poco avrebbe raggiunto un altro luogo da solo, percorrendo gli ultimi passi verso la morte in una stanza sterile a un’ora di distanza, a Huntsville. “Capite quanto sia importante?”, ha chiesto. “Con tutto quello che ho tolto al mondo, tutto il male che ho fatto, tutte le persone che ho ferito… Tutto quell’egoismo strafottente di quando ero un ragazzino idiota, ora devo pagare per tutto questo, da uomo”.

Mentre parlava, gli uomini ascoltavano silenziosi.

“Per anni, l’unica cosa che ho potuto fare è stato fare questo per tutti gli altri”, ha continuato Ramirez, raccontando di come abbia riversato tutte le sue energie nella stazione radio, nella speranza di poter lasciare qualcosa di buono e che aiutasse altre persone.

“Perché è importante per me, amico, è importante per me ed è l’unica cosa che possa fare. Sono solo. Sono solo in quella cella. Non posso fare altro che darvi le mie parole”.

L’indomani – la notte in cui doveva essere ucciso – la corte suprema degli Stati Uniti ha deciso di accogliere il suo appello, e di sospendere l’esecuzione. Oggi, mentre aspetta che i giudici si pronuncino, Ramirez è di nuovo nel braccio e si sintonizza di nuovo su The Tank, inviando a Megamind i suoi pensieri e contributi via posta.

Quando sono uscita dalla mia visita di ottobre alla stazione radio, sono andata nella direzione opposta a quella da cui ero arrivata, pensando a Ramirez e Hozaifeh e alla piccola stanza piena di apparecchiature audio. Ho sintonizzato la mia radio sui 106.5 e ho ascoltato Megamind che incoraggiava i suoi ascoltatori, parlando di fede e gratitudine, e di come dare un senso alla vita dietro le sbarre. Subito dopo aver superato un negozio della catena Dollar General, la sua voce ha cominciato a svanire, sostituita dalle parole piene d’interferenze di una lontana canzone d’amore.

(Traduzione di Federico Ferrone)

Questo articolo è uscito su The Marshall Project.

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