Anche gli animali sono vittime di una tratta illegale
Il mercato nero legato agli animali selvatici ha finora resistito agli sforzi per reprimerlo. Secondo uno studio pubblicato sui Proceedings of the National Academy of Sciences, il commercio illegale dipende però da pochi paesi chiave, sui quali si potrebbe intervenire in modo efficace per fermare gli scambi.
Un team di ricercatori degli Stati Uniti ha analizzato i dati di HealthMap Wildlife Trade, un sito web che mappa le notizie relative ai traffici illeciti di specie selvatiche. Nikkita Gunvant Patel e colleghi hanno analizzato i rapporti di 232 spedizioni internazionali, scartando i duplicati e le spedizioni con dati incompleti. Negli scambi sono risultati coinvolti decine di paesi: 59 paesi rispetto al traffico relativo agli elefanti, 39 per i rinoceronti e 21 per le tigri.
Tuttavia, pochi paesi sono davvero importanti. Per l’export spiccano Kenya e Tanzania relativamente agli elefanti, il Sudafrica per i rinoceronti, l’India per le tigri. Kenya, Thailandia, Cina e Hong Kong sono gli intermediari più importanti per il traffico relativo agli elefanti, Cina e Vietnam per i rinoceronti, India e Birmania per le tigri. Riguardo all’import, sono fondamentali Cina, Hong Kong, Thailandia e Vietnam per gli elefanti, Cina e Vietnam per i rinoceronti, Cina per le tigri. Si potrebbe quindi intervenire in questi paesi per sensibilizzare le persone e aumentare i controlli. Si rischia tuttavia che l’azione repressiva spinga i trafficanti a usare canali più nascosti.