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La lotta della Thailandia contro l’aids

Un centro per l’assistenza e la cura dei malati di aids a Lopburi, in Thailandia, novembre 2010. (Pornchai Kittiwongsakul, Afp)

Nel 1988 in Thailandia, a Bangkok, per la prima volta nasceva un bambino da una donna infettata dal virus hiv. Dopo quasi quarant’anni, il paese è riuscito a combattere con successo l’epidemia, grazie agli sforzi in più settori. “La Thailandia è il primo paese dell’Asia a raggiungere gli obiettivi per l’eliminazione della trasmissione dell’hiv da madre a bambino”, scrive Usa Thisyakorn sulla rivista Paediatrics and International Child Health. In effetti, a metà degli anni novanta le donne in gravidanza infettate dall’hiv erano il 2 per cento, mentre nel 2015 erano lo 0,6 per cento. Inoltre, il tasso di trasmissione del virus da madre a figlio è passato da circa il 20-40 per cento all’1,9 per cento. È stato così raggiunto l’obiettivo dell’Organizzazione mondiale della sanità di un tasso inferiore al 2 per cento nei bambini non allattati al seno.

Nello studio del ricercatore dell’università Chulalongkorn di Bangkok vengono esaminati quattro fattori che hanno consentito di raggiungere questo traguardo. Per prima cosa, è stata dedicata attenzione alla prevenzione, per esempio con una campagna di promozione dell’uso dei profilattici. Poi è stata aiutata la prevenzione delle gravidanze non desiderate nelle donne con hiv, con sistemi di contraccezione doppi. Terzo, è stata fornita la terapia antiretrovirale il più presto possibile alle donne in gravidanza infettate dal virus. Questo è stato possibile grazie all’abbassamento del costo dei farmaci. Infine, è stata data l’opportunità di cura a tutte le donne e ai loro bambini sieropositivi.

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