Tutti vogliono partire ma nessuno ha voglia di fare i bagagli. Perché quello che ci portiamo dietro è sempre troppo. E quello che lasciamo a casa ci manca. Alcuni astuti suggerimenti dal settimanale tedesco Die Zeit.

Il locale del signor Lam è stato il luogo di ritrovo degli artisti della città negli anni Cinquanta e Sessanta. Non avevano i soldi per il caffè e pagavano con dei quadri. Oggi il locale è un’insolita galleria d’arte.

Una collana di isole, sparse lungo mille chilometri, popolare da aquile e pellicani. E intorno un mare cristallino in cui giocano i delfini. Un paradiso per i turisti, ma ancora per quanto? Il racconto di un giornalista di Al Wasat.

4 gennaio 2010. La folla protesta: è vero che siamo diventati un’altra stella nela bandiera statunitense? L’invasione economica e culturale degli Stati Uniti raccontata dalla più brillante giornalista messicana.

Negli anni della Guerra fredda i due popoli che si affacciano sul Mare di Bering si guardavano con curiosità e benevolenza. Adesso è diverso. Forse perché era più facile andare d’accordo quando i rispettivi governi si odiavano.

Per i giochi olimpici del 2000 sono al lavoro il governo australiano, la città di Sydney e Greenpeace. I progetti sono molti e ambiziosi. Ma il terreno su cui si lavora è inquinato dalle scorie. La denuncia di The Australian.

Un vecchio pullman scassato da Kiev. Mucchi di scatoloni e valigie con dentro scarpe, sandali, vestiti, cosmetici. Guardie di confine sospettose. Matrimoni improbabili. Un malinconico viaggio attraverso quattro frontiere.

Ogni giorno migliaia di turisti invadono la cittadina ungherese per andare dal parrucchiere o da uno dei centoventi dentisti. Approfittano di prezzi abbordabili e di un servizio efficiente. Nomi, cognomi e indirizzi in un’inchiesta di Die Zeit.

Dopo aver perso le elezioni nel 1992, l’Unita ha ripreso a combattere con il tacito assenso degli Stati Uniti e dell’Onu. In poco più di un anno e mezzo sono morte 500mila persone. E la pace sembra ancora lontana.

Un giornalista ungherese va in giro per i territori occupati dalle milizie irregolari dei serbi di Bosnia. Prima a Pale, dove incontra il vicepresidente. Poi verso le colline da dove i cecchini sparano sulla gente di Sarajevo.

“Coloro che cercano di cogliere l’essenza di ciò che si potrebbe chiamare la ‘civiltà sovietica’ devono andare là dove erano presenti tutte le condizioni per l’avvento di un mondo radicalmente nuovo”. È quello che ha fatto Die Zeit.

Sognando una vita migliore, migliaia di cinesi attraversano il Pacifico. Vengono da Fuzhou. Sono clandestini e indesiderati. E stanno cambiando il volto di Chinatown. Un reportage del settimanale The Village Voice.

È un movimento che nasce dall’incontro tra hippie e appassionati di rave e di house music. Sono antiautoritari e anarcoidi. E hanno la passione per la tecnologia. Il mensile Wired li ha scovati e intervisitati.

I paesi confinanti accusano i cinesi di usare la pirateria per imporsi. E si chiedono dove finiscono gli sforzi di Pechino per fermare il contrabbando e dove cominciano i suoi tentativi di rivendicare vaste porzioni del Mar Cinese Meridionale.

Non smettono mai di lavorare. A torso nudo, con un bambino legato alla schiena, grondanti sudore, pestano tutto il giorno. Tra bacinelle di ogni colore, mortai, pestelli e bambini.

Alla frontiera con la Costa d’Avorio tutti vendono, comprano, mercanteggiano e imbrogliano. In barba alla svalutazione e alla dogana l’attività commerciale è più fiorente che mai. Il reportage di Ivoir’Soir.

Non riconoscono i governi dei paesi in cui vivono né le loro frontiere. Sono un popolo nomade che si batte per l’indipendenza. Raymond Depardon ha fotografato un loro avamposto a Adrar des Iforas, nel Nord del Mali.

Dopo dodici anni di guerra civile si ricomincia a vivere. Le foto di Larry Towell.

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