Il 10 dicembre il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu è arrivato in tribunale a Tel Aviv per la ripresa del suo processo per corruzione. È il primo capo di governo israeliano in carica ad affrontare un processo penale.

L’udienza, che si è svolta in un’aula sotterranea per motivi di sicurezza, segna la ripresa del processo, cominciato nel maggio 2020 ma sospeso da più di un anno a causa della guerra nella Striscia di Gaza. Netanyahu aveva infatti presentato diverse istanze di rinvio citando le sue responsabilità in periodo di guerra.

“Parlerò in aula” e “non sto scappando”, ha assicurato Netanyahu la sera del 9 novembre durante una conferenza stampa. “Non vedo l’ora di poter smontare le accuse assurde e infondate contro di me”, ha aggiunto.

Oppositori e sostenitori del primo ministro erano presenti il 10 dicembre davanti al tribunale.

Netanyahu deve difendersi da tre diverse accuse. Nel primo caso, Netanyahu e la moglie Sara sono accusati di aver accettato beni di lusso del valore di più di 260mila dollari (sigari, gioielli, champagne) da alcuni miliardari, tra cui il produttore cinematografico israeliano Arnon Milchan e l’uomo d’affari australiano James Packer, in cambio di favori politici.

Nel secondo, è accusato di aver cercato di negoziare una copertura più favorevole per lui con Arnon Mozes, editore dello Yedioth Ahronoth, il quotidiano più venduto in Israele, in cambio dell’impegno ad approvare una legge che avrebbe limitato la circolazione del quotidiano gratuito Israel Hayom, molto popolare nel paese.

Nel terzo, è accusato di aver cercato di facilitare una fusione voluta da un suo amico, Shaul Elovitch, all’epoca azionista di maggioranza di Bezeq, il più grande gruppo di telecomunicazioni del paese, in cambio di una copertura più favorevole per lui sul popolare sito d’informazione Walla, anch’esso di proprietà di Elovitch.

Il 9 dicembre alcuni ministri avevano inviato una lettera alla procuratrice generale dello stato Gali Baharav-Miara, chiedendo un rinvio dell’udienza a causa dei conflitti militari in corso e della caduta del regime di Bashar al Assad in Siria.

Tuttavia, la procura ha ribadito che è nell’interesse pubblico concludere il processo il più presto possibile, e il tribunale ha respinto le richieste di rinvio.