La Polonia ha una grande tradizione di giornalismo narrativo o, per usare un termine oggi più in voga, letteratura non fiction. Grande attenzione al particolare, stile asciutto ed essenziale, una particolare sensibilità nel riportare i dettagli più delicati e una straordinaria capacità di raccontare la grande storia attraverso le vicende minori delle persone comuni. È la lezione di autori come Ryszard Kapuściński e Hanna Krall.

L’eredità di questi maestri di giornalismo e di narrazione è stata raccolta negli ultimi anni da diversi giornalisti, spesso cresciuti sulle pagine di Duży Format, il supplemento del quotidiano Gazeta Wyborcza dedicato ai reportage.

Tra loro c’è Wojciech Jagielski. Nato 55 anni fa in una cittadina non lontana da Łódź, ha seguito guerre e conflitti in diversi paesi dell’Asia e nei suoi libri si è occupato di Caucaso, Afghanistan, Sudafrica e Uganda. In Italia ha pubblicato Vagabondi notturni (Nottetempo 2014), sui bambini soldato nella guerra civile ugandese, e Le torri di pietra. Storie dalla Cecenia (Mondadori 2007). Andrea Pipino lo ha intervistato su giornalismo, letteratura e su come si costruisce una storia.

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