“Nel giro di tre ore abbiamo deciso che avremmo ospitato Seny nella nostra casa: dopo tanto parlare era venuto il momento di fare”, Agnese Bianco è un’assistente sociale di Asti e con il marito Andrea e il figlio dodicenne, Jacopo, nel 2014 ha deciso di accogliere in casa per tre mesi Alphuseni Sowe, un richiedente asilo gambiano, sbarcato da pochi giorni sulle coste italiane e trasferito nella città piemontese nell’ambito del sistema dell’accoglienza straordinaria (Cas).
Grazie alla famiglia italiana, Seny ha trovato un lavoro come custode in un centro sportivo e ha cominciato a ricostruirsi una vita. Ma il suo futuro è incerto; la commissione territoriale gli ha già negato la protezione umanitaria e, se il diniego verrà confermato in fase di appello, il ragazzo diventerà un irregolare e perderà anche il suo lavoro. “Questa è la contraddizione del sistema di accoglienza italiano”, spiega Alberto Mossino del Piam. “Lo stato spende molti soldi per l’integrazione di queste persone, ma poi al termine di un percorso che dura due anni e che in molti casi è positivo, vanifica tutto, ricacciandole nella clandestinità”. Secondo i dati dell’Eurostat, in Italia sono state presentate 71mila richieste d’asilo nel 2015, ma il 60 per cento è stato respinto.
Il reportage di Annalisa Camilli e Mario Poeta.
Terza puntata della serie Welcome to Italy, un viaggio in cinque video sull’accoglienza dei migranti che arrivano nel nostro paese.
Aggiornamento: Il 7 febbraio del 2017 la corte di appello di Torino ha concesso la protezione umanitaria ad Alphuseni Sowe, che aveva ricevuto il diniego due volte. Il permesso gli permetterà di mantenere il suo lavoro.
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